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Anno: 2017
Pubblicato il 23/06/2017
N. 03081/2017REG.PROV.COLL.
N. 09413/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9413 del 2013, proposto da
Maria Clara Boggio, Giuseppe Gagliardi, Ugo Porcelli, Diego Cugia Di Sant’Orsola, Paolo Modugno, Enrico Frattaroli, Gustavo Verde, Franca Alessio, Patrizia Carrano, Annabella Cerliani, Margherita Onnis, Flavio Andreini, Nicola Badalucco, Sinibaldo Piro, Elvira Caldera, Massimo Cinque, Nella Bellini, Stefano Marcucci, Vittorio Sermonti, Maria Ludovica Ripa Buschetti Di Meana, Emanuele Vacchetto, Giorgio Carnini, Benito Tirone Chiaramonte, Giancarlo Governi, Francesco Massaro, Flaminia Sechi, Roberto Cavosi, Laura Marcella Marianni, Francesco Verdinelli, Andrea Ciullo, Velia Elisei, Stefano Vacca Maggiolini, Claudio Natili, Linda Brunetta Caprini, Michele Paulicelli, Carla Vistarini, Mariano Perrella, Edoardo Vianello, Fabio Capecelatro, Silvio Spaccesi, Gianfranco Calligarich, Francesco Fanuele, Alfio Petrini, Francesco Pirazzoli, Alessandra Agostini, Fiammetta Cruciani, Franco Belardini, Adele Iolanda Bossi, Costanza La Ferla, Miriam Bordoni, Romano Walter Rizzati, Pier Francesco Pingitore, Antonia Brancati, Carlo Aluffi, Ferruccio Fantone, Milvia Mostardi, Luigi Lopez, Fiamma Satta, Antonio Cicco, Carlo Raspollini, Pierfrancesco Bellisario, Piero Romano Montanari, Biagio Proietti, Anna Rita Della Rosa, Emanuele Giovannini, Leopoldo Siano, Giuseppe Caruso, Renato Fidone, Adelmo Musso, Maria Clementina Pennacchio Bonolis, Giovanna Caico, Claudio Fasulo, Giuseppe Fulvio Tosco, Danilo Alberto Ciotti, Laura Falavolti, Michelangelo Guardi, Maria Rosaria Zamponi, Giovanna Flora, Giuseppe Bosin, Paola Pascolini, Michele Patruno, Aldo Tamborrelli, Maria Angela Rebecca Leotta, Alberto Bassetti, Edoardo Erba, Anna Leonardi, Maria Letizia Compatangelo, Silvia Nebbia, Anna Maria Di Nicola, Giorgio Bracardi, Massimo Felisatti, Anna Clelia Casalino, Aldo Claudio Zappalà, Anna Teresa Di Sansebastiano, Giovanni Belfiore, Maurizio Monti, Otello Profazio, Guido Amedeo Robuschi, Erminio Fornaciari, Roberto Ferri, Pietro Galeotti, Ranuccio Bastoni, Alberto Gozzi, Romano Bais, Riccardo Distefano, Paolo Ferrajolo, Cornelia Tschin, Ermanno Capelli, Valeria Rossella, Nicolò Catanese, Augusto Bianchi, Elide Suligoj, Luigi Lunari, Massimo Greggio, Alberto Tovaglia, Gianni Ernesto Argenio, Alessandra Serra Di Cassano, Giuseppe Pancaccini, Pier Giuseppe Barbetti, Daniela Paola Regina Corradini, Bruno Fulvio Tibaldi, Michele Scommegna, Vittoria Briffa, Enrico Beruschi, Paolo Pivetti, Federico Amendola, Renata Roccabruna, Gino Mescoli, Roberto Marelli, Cosimo Cavallo, Roberto Brivio, Marco Posani, Paolo Prencipe, Luciana Lanzarotti, Giuseppe Manfridi e, nella qualità di erede di Fulvio Corradini, Corradini Daniela Paola Regina, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Augusto Bianchi e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo Studio dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, 32;
contro
Siae – Società Italiana degli Autori ed Editori, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avvocati Floriano D’Alessandro, Federico Sorrentino e Maurizio Mandel, con domicilio eletto presso lo Studio dell’avv. Maurizio Mandel in Roma, viale della Letteratura, 30;
Commissario Straordinario della Siae dott. Gian Luigi Rondi, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dell’economia e delle finanze, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Massimo Santoro, non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO -ROMA -SEZIONE III, n. 6957/2013, resa tra le parti, con la quale sono stati respinti, a spese compensate, il ricorso e i motivi aggiunti proposti per l’annullamento:
“quanto al ricorso:
– del “nuovo Regolamento del fondo di solidarietà SIAE” (pubblicato in data 25.1.2012 sul sito internet della SIAE) ed in particolare dell’art. 6, nella parte in cui non include tra le forme di solidarietà l’assegno di professionalità e le coperture assicurative di cui al previgente Regolamento;
– della relativa delibera di approvazione del Commissario Straordinario n. 86 del 15.11.2011 (pubblicata sul sito internet della Società in data 6.3.2012), anche nella parte in cui dispone la modifica dell’art. 20 dello Statuto;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali tra i quali, se ed in quanto occorre possa, (i) le note prot. nn. 568/2012 del 16.1.2012 e 599/2012 del 25.1.2012, con le quali è stata comunicata agli associati l’adozione del nuovo Regolamento del Fondo di solidarietà SIAE e (ii) la nota pubblicata nel Bollettino sociale SIAE il 13.12.2012, con cui SIAE ha comunicato che le polizze assicurative indennitarie stipulate in favore degli associati non saranno più rinnovate;
2) quanto ai primi motivi aggiunti:
– del DPCM 9.11.2012, con il quale è stato approvato lo Statuto della Società italiana degli autori ed editori (SIAE) nel testo adottato con la delibera del Commissario Straordinario n. 102 del 27 ottobre 2012;
– dell’allegato Statuto della Società italiana degli autori ed editori nella parte in cui non include tra le forme di solidarietà l’assegno di professionalità e le coperture assicurative di cui al previgente Regolamento ed in particolare (i) dell’art. 1, commi 3 e 4, e (ii) dell’art. 31;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti tra i quali il D.M. 16/11/2012 recante ulteriore proroga, non oltre il 31 marzo 2013, dell’incarico di Commissario straordinario della SIAE conferito al dott. Gian Luigi Rondi, nonché dell’incarico di sub Commissari conferito al prof. avv. Mario Stella Richter e all’avv. Domenico Luca Scordino;
3) quanto ai secondi motivi aggiunti:
– del nuovo “Regolamento del Fondo di Solidarietà SIAE” (pubblicato sul sito internet della Società in data 4.3.2013) ed in particolare dell’art. 6, nella parte in cui non include tra le forme di solidarietà l’assegno di professionalità e le coperture assicurative di cui al previgente Regolamento;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la “memoria di costituzione con appello incidentale” della Siae – Società Italiana degli Autori ed Editori;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni statali intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 18 maggio 2017 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Lo Pinto per delega dell’avv. Fabio Cintioli, per gli appellanti, Maurizio Mandel e Federico Sorrentino per la Siae e Barbara Tidore dell’Avvocatura generale dello Stato per le amministrazioni statali intimate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Le circostanze per le quali è causa sono descritte nei termini che seguono nella sentenza impugnata.
Nel marzo del 2012 numerosi autori iscritti alla SIAE ricorrevano dinanzi al Tar del Lazio evidenziando “che il precedente Statuto di tale Società, approvato con d.p.c.m. dell’11 dicembre 2008, prevedeva in particolare la promozione di forme di assistenza e solidarietà a favore degli autori, effettuata attraverso un Fondo (c.d. “di solidarietà”) costituito dalla Società stessa e da questo gestito per conto degli associati, i quali lo alimentavano mediante una percentuale di contribuzione trattenuta, così da generare un complesso patrimoniale autonomo rispetto a quello sociale. Le prestazioni “solidaristiche” consistevano nell’ ”assegno di professionalità”, quale emolumento assistenziale erogato agli iscritti/soci al raggiungimento di determinati requisiti di età e di anzianità contributiva, con cadenza mensile, di importo uguale per tutti i beneficiari e oggetto di reversibilità, nelle “polizze assicurative indennitarie”, quali prestazioni solidaristiche a carattere indennitario, stipulate per far fronte ad esigenze di carattere sanitario o sorte a seguito di decesso per infortunio, e nel “contributo periodico agli associati autori anziani”, quale contributo triennale erogato a favore dei soli associati “indigenti”. Rammentando … che, nel 2011, (era stato nominato) un Commissario straordinario della SIAE, i ricorrenti chiedevano l’annullamento della delibera (DCS) n. 86/2011 con la quale il Commissario in carica aveva modificato il precedente “Regolamento” nella parte sopra evidenziata, azzerando tutte le prestazioni solidaristiche previste in precedenza ed interrompendo quelle in corso”.
I ricorrenti, nel dedurre violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, lamentavano in particolare che il Commissario straordinario aveva travalicato i compiti che gli erano stati attribuiti, adottando un nuovo Regolamento del Fondo di solidarietà con cui si azzeravano di fatto tutte le prestazioni a carattere solidaristico/assistenzialistico contemplate dal vecchio Regolamento.
“Inoltre, sostenevano i ricorrenti, risultava una lesione immediata nei confronti di coloro che erano in attesa di maturare i requisiti per ottenere l’erogazione mensile dell’assegno, in violazione di “diritti acquisiti”, relativi, per qualcuno, anche all’unica fonte di sostentamento. I ricorrenti osservavano, poi, in subordine, che se l’operato del Commissario fosse stato riconducibile alla necessità di risanamento finanziario della Società, previsto nel d.p.c.m. di nomina, tale attività avrebbe dovuto utilizzare strumenti e modalità meno “impattanti” sulla platea degli associati, avrebbe dovuto seguire un principio di proporzionalità e avrebbe dovuto considerare la partecipazione degli interessati. In relazione al richiamo di cui all’art. 19 bis d.lgs. n. 252/05 di cui al provvedimento impugnato, in relazione alla riscontrata mancata autorizzazione della Covip per l’assegno di professionalità, i ricorrenti ritenevano che tale assegno non poteva essere considerato una prestazione previdenziale ma un’erogazione di carattere assistenziale e che, comunque, non rientrava nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 252/05 cit., in quanto il Fondo non era diretto a fornire un trattamento pensionistico complementare o integrativo, non avendo gli autori un trattamento obbligatorio, in quanto le fonti istitutive delle forme pensionistiche hanno matrice negoziale/privata, a differenza della fonte normativo/pubblicistica della SIAE, ed in quanto la previdenza complementare si fonda sul principio dell’adesione volontaria, a differenza dell’adesione obbligatoria prevista nel caso di specie”.
Si costituiva in giudizio la SIAE.
Con motivi aggiunti i ricorrenti “chiedevano anche l’annullamento, previa sospensione, del d.p.c.m. 9 novembre 2012 con il quale era stato, nelle more, approvato lo Statuto della SIAE nel testo adottato con la delibera del Commissario straordinario n. 102 del 2012, in parte qua, ove era previsto che la Società poteva promuovere forme di solidarietà esclusivamente nei ristrettissimi limiti di cui all’art. 31, legate a favore di “autori che si trovino in situazione svantaggiata in ragione dell’età e di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari”, e ove era stata del tutto eliminata la previsione della trattenuta sui diritti d’autore da operarsi nei confronti degli associati (4% per gli autori e 2% per gli editori) al fine di alimentare il Fondo di solidarietà”.
Nel rilevare violazione di legge ed eccesso di potere i ricorrenti “sostanzialmente riprendevano il motivo del ricorso introduttivo, lamentando che il Commissario straordinario era andato oltre i limiti dei suoi poteri nell’intervenire sulle prestazioni a carattere solidaristico/assistenzialistico, che erano stati violati “diritti quesiti” per chi beneficiava come unica forma di sostentamento delle prestazioni in questione, che non erano comunque stati rispettati i principi generali di proporzionalità e partecipazione”.
Si costituiva per resistere anche il Mibact.
I ricorrenti proponevano quindi un secondo atto recante motivi aggiunti, “con cui chiedevano l’annullamento, previa sospensione, anche del nuovo Regolamento del Fondo di Solidarietà SIAE, in relazione al relativo art. 6 che non includeva tra le forme di solidarietà l’assegno di professionalità e le coperture assicurative di cui all’originario Regolamento. I ricorrenti, invocandone l’illegittimità derivata, riproponevano le medesime doglianze già lamentate con i precedenti atti”.
Con la sentenza in epigrafe il Tar ha considerato sussistente la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e, nel merito, ha respinto il ricorso, a spese compensate.
Gli appellanti hanno impugnato la sentenza con cinque motivi.
La SIAE si è costituita per resistere e ha proposto appello incidentale deducendo l’erroneità del capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione.
Resiste l’Amministrazione statale.
Le parti hanno presentato memorie e all’udienza del 18 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2.Assume rilievo logicamente prioritario l’esame dell’appello incidentale della SIAE, rivolto alla riforma della sentenza impugnata e alla dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
L’appello incidentale è fondato e va accolto.
Il Collegio non ritiene infatti di poter condividere la conclusione del Giudice di primo grado con la quale è stata considerata sussistente la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
Il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Tar.
Dinanzi al Tar la SIAE aveva eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla duplice considerazione per cui nel presente giudizio i ricorrenti agiscono dichiaratamente a tutela di quello che loro stessi ritengono essere un “diritto acquisito”, ossia il loro (preteso) diritto a conservare l’assegno di professionalità erogato, sino al gennaio del 2012, dal Fondo di solidarietà, sicché nella prospettazione dei ricorrenti stessi la “causa petendi” va individuate nel diritto a una prestazione di natura previdenziale, il che di per sé basta a escludere la giurisdizione del giudice amministrativo (nel ricorso e nei motivi aggiunti i ricorrenti deducono a più riprese la “violazione di diritti acquisiti”); e sull’assunto inoltre secondo cui l’art. 1, comma 2, della l. n. 2 del 2008 sottopone l’attività della Siae –ente pubblico economico a base associativa- alle norme del diritto privato, e sancisce la devoluzione alla giurisdizione ordinaria di tutte le controversie concernenti le attività dell’Ente, ivi comprese quelle relative alla sua organizzazione.
Il Tar ha invece ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo motivando come segue: “…risultano impugnati … atti non riconducibili ad attività degli organi ordinari della SIAE ma atti adottati da un Commissario straordinario nell’ambito dei poteri a lui conferiti. In tal caso si ricorda la conclusione giurisprudenziale, con cui il Collegio concorda, per la quale il commissario straordinario di un ente riceve un incarico attributivo di pubbliche funzioni, conferito con scelta discrezionale di alta amministrazione, nell’ambito di poteri pubblicistici ai quali sono correlate posizioni di interesse legittimo e, pertanto, la relativa controversia inerente gli atti adottati appartiene alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo (TAR Lazio, Sez. II, 28.4.04, n. 5076). Inoltre, nel caso di specie, risultano impugnati atti generali di organizzazione di ente che svolge comunque una funzione pubblica, come attestato dalla riconosciuta vigilanza ministeriale, ed i ricorrenti non chiedono l’attribuzione diretta di diritti, azionando singole posizioni distinte.
Così pure, non rileva in senso contrario il richiamo all’art. 1, comma 2, l.n. 2/2008, secondo cui appartengono all’a.g.o. le controversie inerenti “l’organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali”, dato che, come condivisibilmente osservato dai ricorrenti, l’uso della congiunzione “e” da parte del legislatore fa dedurre che risulta riservata alla giurisdizione ordinaria solo l’”organizzazione” degli organi sociali”.
Ad avviso dell’appellante in via incidentale la sentenza impugnata avrebbe errato nelle argomentazioni e nelle conclusioni in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo dato che per esplicita volontà legislativa tutte le attività della SIAE sono regolate dal diritto privato e le relative controversie sono demandate al giudice ordinario.
Sarebbe inoltre criticabile l’osservazione del giudice di primo grado per la quale ”i ricorrenti non chiedono l’attribuzione diretta di diritti”: dal che, la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.
3.Ciò posto questo Collegio, per quanto riguarda l’argomentazione, reiterata in questa sede di appello, secondo la quale i ricorrenti e appellanti odierni deducono una lesione immediata e concreta del diritto alla conservazione dell’assegno di professionalità; fanno dichiaratamente valere un loro preteso diritto a mantenere l’assegno erogato sino al gennaio del 2012 dal Fondo di solidarietà, e ciò alla luce del principio consolidato secondo cui il criterio di riparto di giurisdizione si basa sulla individuazione della “causa petendi” o “petitum” sostanziale, ovvero sull’accertamento «dell’intrinseca consistenza dell’interesse dedotto in lite, in relazione alla reale protezione accordata dall’ordinamento giuridico alla situazione del soggetto agente»; a questo riguardo, il Collegio, nel prendere le mosse dall’esame delle domande originariamente proposte nel ricorso dinanzi al Tar del Lazio, successivamente ribadite davanti a questo Consiglio di Stato, rileva che per “petitum” e per “causa petendi” –essenzialmente, annullamento della DCS n. 86/2011 nella parte in cui non include più tra le prestazioni solidaristiche previste in precedenza l’assegno di professionalità e le polizze assicurative indennitarie, con la contestuale interruzione immediata delle prestazioni in corso, prospettandosi vizi di carattere essenzialmente contenutistico; da una parte la DCS n. 86/2011 non sembra costituire atto presupposto di un successivo atto di attuazione lesivo in via diretta di posizioni giuridiche di diritto soggettivo di privati, dal momento che la delibera commissariale di per sé cancella in via immediata e diretta l’assegno di professionalità. La DCS n. 86/2011 non sembra cioè destinata a essere attuata, con atti di esecuzione, nei riguardi dei ricorrenti. Nondimeno, la prospettazione delle parti ricorrenti sembra attenere tipicamente alla impugnazione di un atto “amministrativo” a effetti generali, sicché l’annullamento della delibera n. 86/2011 parrebbe richiesto quale mezzo al fine di continuare a percepire le prestazioni, ossia di conservare il diritto all’assegno di professionalità ricevuto dal Fondo sino al gennaio del 2012. Sotto questa prospettazione, che, di suo, sarebbe tale da comportare tipicamente la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, l’incidenza su diritti soggettivi potrebbe considerarsi soltanto indiretta e mediata, sicché potrebbe dubitarsi che la “causa petendi” sia individuabile nel diritto a una prestazione di natura previdenziale (a questo riguardo, gli appellanti in via principale insistono sull’attrazione della controversia nell’alveo della giurisdizione generale di legittimità ai sensi dell’art. 7 del c.p.a. venendo in considerazione, si sostiene, una manifestazione di funzioni pubblicistiche); la controversia non avrebbe a oggetto diritti, perlomeno non in via diretta, facendosi questione della impugnazione di un atto avente effetti generali; e potrebbe considerarsi corretto il rilievo svolto in sentenza secondo cui i ricorrenti “non chiedono l’attribuzione diretta di diritti”.
Nondimeno, questo Collegio considera invece accoglibile e decisivo per ricusare la giurisdizione del giudice amministrativo il profilo di censura, formulato dalla SIAE a sostegno della tesi per la quale la cognizione della controversia compete al giudice ordinario, con il quale si valorizza la disciplina legislativa sopravvenuta (sopravvenuta rispetto all’indirizzo giurisprudenziale delle sezioni unite della Cassazione, di cui subito si dirà) di cui all’art. 1, comma 2, della legge 9 gennaio 2008, n. 2, recante disposizioni concernenti la Societa’ italiana degli autori ed editori, disposizione con la quale si prevede che “l’attivita’ della SIAE” -che è ente pubblico economico a base associativa (v. art. 1, comma 1, l. cit.)- “è disciplinata dalle norme di diritto privato”, e che “Tutte le controversie concernenti le attivita’ dell’ente, ivi incluse le modalita’ di gestione dei diritti, nonche’ l’organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, fatte salve le competenze degli organi della giurisdizione tributaria”.
Il Legislatore, con una formulazione ampia e “omnicomprensiva”, ha ritenuto di includere l’azione della Siae nell’alveo della disciplina del diritto privato e, per quanto riguarda la tutela giudiziaria, ha stabilito, impiegando una formulazione parimenti omnicomprensiva, di devolvere alla giurisdizione ordinaria, fatte salve le competenze degli organi della giurisdizione tributaria, “tutte” le controversie relative alle attività dell’Ente, laddove, ad avviso di questo Collegio, e diversamente da quanto deciso dal giudice di primo grado, è da ritenere che il lemma “organizzazione”, di cui al comma 2, si riferisca in maniera generale all’attività e agli atti di (auto) organizzazione adottati dall’Ente e non solamente, come si afferma in sentenza, all’ “organizzazione…degli organi sociali”.
In particolare, è da ritenere che il Legislatore abbia inteso menzionare in modo specifico la salvezza delle competenze del giudice tributario e la devoluzione alla giurisdizione ordinaria anche delle controversie concernenti le modalità di gestione dei diritti, nonché l’organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali, anche al fine di dissipare dubbi e difficoltà interpretative, che avevano determinato un contenzioso il quale in taluni casi era andato avanti fino a interessare le sezioni unite dalla Cassazione, sui confini –per ciò che qui più interessa- tra l’attività di organizzazione, caratterizzata da elementi pubblicistici, e l’attività operativa gestoria d’impresa; sulla individuazione del crinale che separa il versante dell’attività di organizzazione, contrassegnata dalla presenza di elementi pubblicistico -autoritativi, dalla gestione d’impresa, linea che collima con la “scissione tra atti amministrativi e atti di diritto comune e, quindi, tra azioni a tutela di interessi ed azioni a tutela di situazioni giuridiche piene e perfette” (così, Cass. SS. UU. , n. 2431 del 1997, su un ricorso –respinto- per questione inerente alla giurisdizione, contro la dec. Cons. Stato, sez. VI, n. 1571 del 1994, relativa alla impugnazione di una delibera SIAE di modifica del sistema di ripartizione dei proventi per i diritti d’autore. Su una fattispecie simile a quella per cui oggi è causa e dalla quale, per certi versi, la controversia odierna ha tratto origine, v. anche Cass. , SS. UU. , nn. 7841 del 1993, sulla distinzione tra atto, o attività, attinente all’ente –organizzazione o all’ente gestione).
Precisato in via preliminare che la SIAE non rientra nella categoria delle pubbliche amministrazioni inserite nell’elenco Istat ma è qualificata, appunto, “ex lege”, dall’art. 1 della l. n. 2 del 2008, come ente pubblico economico su base associativa (dopo essere stata “classificata” come “ente pubblico” dall’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999), la scelta legislativa di devolvere, alla giurisdizione ordinaria, tutte le controversie relative alle attività dell’Ente, costituisce chiaramente una decisione correlata a una valutazione peculiare dell’assetto sostanziale delle attività svolte e delle esigenze della giustizia, sì da indurre alla opzione verso una tipologia di intervento giurisdizionale demandata in via esclusiva alla giurisdizione ordinaria, fatte salve come rilevato le competenze del giudice tributario.
In questo nuovo contesto normativo non sembra più decisiva, ai fini della odierna risoluzione della causa, la distinzione, a suo tempo operata da Cass. , ss. uu., n. 2431 del 1997, su una fattispecie, come detto, sotto taluni aspetti analoga a quella per cui oggi è causa, tra attività “di” organizzazione e attività “della” organizzazione, con la puntualizzazione che attività “di” organizzazione è quella rivolta a determinare gli indirizzi e i criteri generali “cui le articolazioni organiche dovranno attenersi nello svolgimento delle loro attribuzioni funzionali”.
In termini più generali, per effetto della nuova disciplina legislativa, sembra perdere rilievo la distinzione in ordine al giudice (anche tributario, od ordinario, in relazione alle svariate tipologie di controversie instaurate) dinanzi al quale domandare tutela in questa materia dopo che –per quanto in questa sede giurisdizionale amministrativa potrebbe eventualmente rilevare- le sezioni unite della Cassazione, negli anni ’90, avevano risolto questioni inerenti alla giurisdizione stabilendo la devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo di controversie concernenti provvedimenti di (auto) organizzazione in tema di regolamentazione del Fondo di solidarietà e di ripartizione dei proventi derivanti dal diritto d’autore. “Quest’ultima situazione, che interessa particolarmente il caso di specie, è indubbiamente destinata a riflettersi nell’attività di impresa esercitabile o esercitata, ma rispetto alla concretezza dell’attività gestoria costituisce un “prius” logico, oltre che temporale, nell’ambito di un potere di indirizzo che l’organizzazione dà a sè stessa. Ancorché le discipline generali in ordine allo svolgimento della funzione organica possano non essere espressione di attività discrezionale (per il doveroso rispetto dei diritti dei terzi cui l’attività in concreto, in esecuzione degli indirizzi generali, dovrà uniformarsi), non per questo la determinazione generale dei criteri cui l’articolazione dell’organizzazione dovrà attenersi nell’esercizio dell’attività di impresa diventa essa stessa attività di impresa (v. Cass. S. U. 15 luglio 1993 n. 7841 in ordine agli atti di organizzazione, connessi ad interessi legittimi, anche se privi di contenuto discrezionale. In concreto, le ordinanze oggetto di impugnazione davanti agli organi della giurisdizione amministrativa, determinavano le linee generali per la ripartizione dei proventi agli aventi diritto, in base a criteri di standardizzazione dei rapporti e, talora, anche di forfettizzazione delle situazioni. Si trattava, quindi, di un atto di carattere generale che, in quanto tale, in via diretta non era idoneo di per sè ad incidere sui diritti dei terzi, destinatari dei proventi. Solo la loro applicazione in concreto alle singole ripartizioni avrebbe inciso sui diritti dei terzi, nei cui confronti l’attività di intermediazione della S.I.A.E. si svolge e che qualifica come imprenditoriale l’attività dell’ente. Solo nella concretezza dei singoli atti di gestione, in cui si sviluppa l’attività economica organizzata ad impresa, si individua l’attività dell’organizzazione concernente diritti soggettivi, ed eventualmente lesivi degli stessi, atti a radicare la giurisdizione della A.G.O. Tutto ciò che precede la concretezza dell’attività di impresa, ed attinente alla predeterminazione dell’oggetto di detta attività, della finalità cui essa tende, delle modalità generali con cui essa deve esplicarsi, integra atto di organizzazione, in quanto direttamente ed immediatamente rivolto agli organi operativi che ai criteri generali dovranno dare attuazione nello svolgimento in concreto dell’attività di impresa. Come atti di carattere generale e di indirizzo, quindi, le ordinanze in questione non erano suscettibili di ledere direttamente i diritti dei terzi prima delle loro applicazioni in concreto; non erano, quindi, atti dell’organizzazione ma atti di organizzazione nel corso della vita dell’ente destinati a riflettersi solo nel successivo momento attuativo sui diritti dei terzi. L’ordinanza, peraltro, in sè e per sè considerata, essendo priva dell’idoneità ad incidere in via diretta sui diritti dei terzi, attiene ad interessi legittimi; essendo peraltro destinata inesorabilmente ad essere attuata, con atti di esecuzione, nei confronti dei terzi, legittima questi alla proposizione attuale dell’azione di annullamento davanti agli organi della giurisdizione amministrativa…” (così, testualmente, Cass. , ss. uu. n. 2431 del 1997, cit.; v. anche Cass. , ss. uu. , n. 7841 del 1993, cit. , con riferimento a una questione di giurisdizione relativa alla impugnazione del Regolamento del Fondo di solidarietà, nella parte in cui si statuisce che, “ qualora un iscritto alla Siae, deducendo l’illegittimità dell’erogazione dell’assegno di professionalità ai soli soci e non anche agli iscritti, chieda, quale mezzo a fine per ottenere la corresponsione del suddetto assegno, l’annullamento delle norme statutarie e regolamentari che consentano tale discriminazione, la controversia non spetta al giudice ordinario ma a quello amministrativo, in quanto investe in via diretta provvedimenti generali resi dall’ente pubblico nell’esercizio dei suoi poteri di autorganizzazione che si ricollegano a posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo”; cfr. anche il p. 3.4. della sentenza sulle funzioni di interesse generale di tutela della proprietà intellettuale attribuite alla SIAE).
Le statuizioni sopra trascritte o riassunte, che gli appellanti in via principale menzionano, con le quali, nel considerare i provvedimenti della SIAE emanati di volta in volta come atti emessi da un ente pubblico nell’esercizio di un potere di (auto) organizzazione, è stata dichiarata sussistente la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, non sembrano come detto assumere rilievo decisivo ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione nella controversia odierna, in seguito alla sopravvenienza legislativa del 2008.
Ai fini del radicamento della giurisdizione presso il giudice ordinario sembra avere rilevanza decisiva non tanto, o non solo, la circostanza che la SIAE non rientra nel perimetro delle pubbliche amministrazioni ma è qualificata, appunto, “ex lege”, dall’art. 1 della l. n. 2 del 2008, come ente pubblico economico su base associativa (dopo essere stata “classificata” come “ente pubblico” dall’art. 7 del d. lgs. n. 419 del 1999).
A questo riguardo, completezza di esame impone di rammentare che le due sentenze delle sezioni unite della Cassazione del 1993 e del 1997 citate poc’anzi, pur riconoscendo la giurisdizione del giudice amministrativo, avevano preso le mosse dalla considerazione della SIAE proprio quale ente pubblico economico (“la SIAE ha indubbiamente la natura di ente pubblico economico”: così Cass. , n. 2431 del 1997).
E’ la devoluzione, “ex lege”, alla giurisdizione ordinaria, di “tutte” le controversie relative alle attività dell’Ente a costituire l’elemento risolutivo per attribuire anche la controversia “de qua” alla giurisdizione del giudice ordinario.
E il fatto che in questo contesto normativo siano state impugnate in primo grado prescrizioni di carattere generale non cambia la soluzione da dare al motivo sulla (carenza di) giurisdizione, dedotto dalla SIAE.
Non sembra venire in considerazione l’esercizio di un potere amministrativo.
Va posta in risalto una scelta del Legislatore correlata a una valutazione peculiare dell’assetto sostanziale delle attività svolte e delle esigenze della giustizia, sì da indurre alla opzione verso una tipologia di intervento giurisdizionale demandata in via esclusiva alla giurisdizione ordinaria, fatte salve come rilevato le competenze particolari del giudice tributario.
Poiché l’oggetto essenziale del presente giudizio riguarda il regolamento del Fondo di solidarietà, il quale rientra tra i provvedimenti di organizzazione della SIAE, la giurisdizione del giudice amministrativo è da escludere.
Al fine di avvalorare la conclusione declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo non appaiono prive di rilievo le considerazioni aggiuntive che seguono.
A) Non ha consistenza, ai fini del riparto di giurisdizione, la circostanza che “risultano impugnati atti non riconducibili ad attività degli organi ordinari della SIAE, ma atti adottati da un Commissario straordinario nell’ambito dei poteri a lui conferiti”. Secondo il Tar, ciò sarebbe sufficiente per radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto “il commissario straordinario di un ente riceve un incarico attributivo di pubbliche funzioni, conferito con scelta discrezionale di alta amministrazione, nell’ambito di poteri pubblicistici ai quali sono correlate posizioni di interesse legittimo e, pertanto, la relativa controversia inerente gli atti adottati appartiene alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo (T.A.R. Lazio, Sez. Il, 28.4.04, n. 5076)”.
In realtà, occorre convenire con la SIAE nel rilevare che il Commissario straordinario nominato dalle autorità governative vigilanti era chiamato ad agire in sostituzione degli organi ordinari della SIAE e, quindi, rispettando la disciplina alla quale essi sono assoggettati e agendo — al pari di essi — secondo le norme di diritto privato, sicché la sua attività, se lesiva dei diritti degli associati, poteva essere contestata in sede civile, ma non impugnata dinanzi al giudice amministrativo. E’ esatto inoltre che il precedente citato dai giudici di primo grado (Tar Lazio, sez. Il –ter, 28 aprile 2004, n. 5076) non ha alcuna attinenza col caso odierno dato che riguarda l’impugnazione di un decreto ministeriale di nomina di un commissario straordinario (dell’Istituto sperimentale per la frutticultura di Roma). In relazione a tale impugnazione il Tar del Lazio aveva affrontato il diverso problema della qualificazione dell’atto di attribuzione dell’incarico commissariale, giungendo alla conclusione che esso non è un atto costitutivo di rapporto di pubblico impiego, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, bensì un atto di alta amministrazione dal quale sorge un rapporto di servizio onorario, con conseguente sussistenza della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (v. p. 3. sent.).
Nella specie, oggetto del giudizio non è però il decreto di nomina del prof. Rondi a commissario straordinario ma, fondamentalmente, la delibera n. 86/2011 dallo stesso adottata: dal che discende la inappropriatezza del precedente menzionato nella sentenza impugnata.
Analogamente improprio è il richiamo, compiuto in memoria dagli appellanti in via principale, alla sentenza del Tar Lazio, n. 2157 del 2012, confermata sul punto da questa sezione -v. la pronuncia n. 823 del 2015-, dato che in quella controversia era contestata la legittimità di un decreto del Mibac –e non di un provvedimento di organi della SIAE – contenente la determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c. d. “equo compenso per copia privata”).
B) Ancora, non può attribuirsi rilevanza ai fini del riparto di giurisdizione al fatto che lo Statuto della SIAE, impugnato con motivi aggiunti, debba, per legge, essere approvato con decreto del Presidente del Consiglio, posto che, anche per esigenze di considerazione unitaria e sostanziale dell’oggetto del giudizio di primo grado, contraddistinto dalla impugnazione, essenzialmente, di un atto di organizzazione, sarebbe irragionevole sostenere l’attrazione alla giurisdizione amministrativa di tutte le controversie aventi a oggetto l’organizzazione della SIAE ogni qual volta esse presuppongano la contestazione dello Statuto e per il solo fatto che quest’ultimo è approvato con un decreto del Presidente del Consiglio: dice bene l’appellante incidentale allorché puntualizza che ciò che rileva è invece che, nel caso in esame, detto decreto è stato impugnato, non per vizi suoi propri, ma riproducendo le argomentazioni del ricorso introduttivo e solo in quanto esso ha approvato il nuovo Statuto della SIAE il quale, a sua volta, ha recepito le novità introdotte con il nuovo regolamento del Fondo di solidarietà approvato dal Commissario straordinario, con la conseguenza che la giurisdizione non può che restare radicata —coerentemente con quanto previsto dall’art. 1, comma 2, della l. n. 2 del 2008 — presso il giudice ordinario.
C) In questo nuovo contesto normativo, che “sposta” il baricentro della tutela giudiziaria presso il giudice ordinario, perde consistenza anche il riferimento, compiuto in sentenza a pag. 12, alla “vigilanza ministeriale”, in correlazione con la “funzione pubblica” esercitata dalla SIAE. Infatti, l’art. 1, comma 3, della l. n. 2 del 2008, stabilisce che “il Ministro per i beni e le attivita’ culturali esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei Ministri, la vigilanza sulla SIAE. L’attivita’ di vigilanza è svolta sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza”. Essa è, evidentemente, considerata compatibile con la disciplina dell’attività secondo le norme del diritto privato, e la devoluzione delle controversie al giudice ordinario.
Né potrebbe ritenersi che nella specie venga in risalto una delle funzioni attribuite alla SIAE “dalla legge”, in base a quanto dispone l’art. 1, comma 1, della l. n. 2 del 2008, posto che la previsione di attività e di forme solidaristiche a favore degli autori attraverso il Fondo di solidarietà trova la sua fonte nello Statuto e non nella legge.
In conclusione, l’appello incidentale va accolto.
La controversia in esame andava devoluta alla giurisdizione ordinaria.
In riforma della sentenza impugnata il ricorso di primo grado dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Da ciò consegue l’inammissibilità dell’appello principale.
Rimane salva l’applicazione dell’art. 11 del c.p.a. .
Il carattere interpretativo della controversia giustifica tuttavia, eccezionalmente, la compensazione integrale delle spese del doppio grado del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando nel giudizio come in epigrafe proposto, così provvede: accoglie l’appello incidentale della SIAE e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il ricorso di primo grado inammissibile.
Dichiara inammissibile l’appello principale per carenza di interesse.
Spese del doppio grado del giudizio compensate.
Dispone che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Dario Simeoli, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Marco Buricelli | Sergio Santoro | |
IL SEGRETARIO