Parti: S.a.s. Edizioni musicali Pandora, Edizioni musicali Lupetto, Edizioni musicali Le nuove dissonanze, Enrico Scardia, s.r.l. Edizioni musicali Dribbling, signora Irene Midiri, dalla s.r.l. Baia del sol, s.r.l. B.D.S., Edizioni musicali Brillantina, s.n.c. P
In DANTe, 01-2005, 74
Anno: 2004
Regolamento elettorale S.I.A.E. — legittimità degli atti delle operazioni elettorali — legittimità dell’istituto della cooptazione — ripartizione incassi del settore “Ballo con strumento meccanico” dell’anno 2001 — anamento parziale della delibera commissariale n. 22/2003.
La delibera commissariale n. 22 del 2003 – nella parte in cui ha confermato “le ripartizioni degli incassi relativi al settore ballo con strumento meccanico effettuate per il primo semestre 2001 e per il secondo semestre 2001, limitatamente al 50% dei diritti già liquidati” – è in immotivato contrasto con le statuizioni contenute nella sentenza del TAR per il Lazio n. 616 del 2003 (immodificabili in questa sede).
La S.I.A.E. ha l’obbligo per di ricalcolare per l’anno 2001 i proventi suddivisi in base alla delibera anata e di effettuare i relativi conguagli “a favore di tutti gli aderenti alla SIAE”.
La percezione – da parte degli associati – di somme superiori a quelle effettivamente spettanti comporta l’applicazione della normativa sul pagamento dell’indebito, al fine di effettuare i conguagli in favore degli aventi diritto (salva la facoltà dell’Ente – da esercitare motivatamente e sussistendone i presupposti – di avvalersi dei propri fondi di riserva).
Sono inoppugnabili in questa sede gli atti conclusivi del procedimento delle operazioni elettorali.
Il rapporto di ponderazione per l’assegnazione dei 64 seggi dell’Assemblea dell’ente sulla base delle fasce reddituali di cui all’art. 1 comma 4 del Regolamento elettorale è ragionevole. La riserva di un seggio per la lista di minoranza che abbia partecipato alla elezione relativa alla fascia elettorale cui risultino attribuite almeno tre seggi ha concretamente tutelato la minoranza.
Nell’istituto della cooptazione di cui all’art. 21 dello Statuto della S.I.A.E. è insito un sufficiente consenso tra la base elettorale e tutti i componenti dell’assemblea, tale da consentire una corretta disciplina delle conseguenze della vacanza di posti di componente dell’assemblea, sia essa dovuta a morte, dimissioni, situazioni di incompatibilità.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
[OMISSIS]
FATTO
1. Con decreto di data 3 febbraio 2003, il Ministro per i beni e le attività culturali ha approvato il regolamento elettorale della S.I.A.E., predisposto dal commissario straordinario.
Successivamente, il commissario straordinario della S.I.A.E.:
– con la deliberazione n. 26 del 28 febbraio 2003, ha indetto le elezioni per la nomina dei componenti dell’assemblea della S.I.A.E.;
– con la deliberazione n. 22 del 25 febbraio 2003, ha confermato la ripartizione degli incassi, per il settore “Ballo con strumento meccanico”, per l’anno 2001;
– con la deliberazione n. 28 del 4 marzo 2003, ha ripartito i seggi dell’assemblea, in relazione alle fasce reddituali previste.
Col ricorso n. 4550 del 2003 (proposto al TAR per il Lazio), gli appellanti hanno impugnato tali provvedimenti e ne hanno chiesto l’anamento.
Il TAR, con la sentenza n. 8467 del 2003, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
2. Col gravame in esame, gli appellati hanno chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia accolto il ricorso di primo grado.
Si sono costituiti in giudizio la S.I.A.E. ed il Ministero per i beni e le attività culturali, che hanno chiesto la reiezione del gravame.
Ha proposto intervento la s.a.s. Via Veneto Ed. Mus., che ha aderito alle conclusioni dell’appellante.
Le parti hanno depositato le memorie indicate in epigrafe, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
3. All’udienza del 9 luglio 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità:
a) del decreto di data 3 febbraio 2003, con cui il Ministro per i beni e le attività culturali ha approvato il regolamento elettorale della S.I.A.E., predisposto dal commissario straordinario;
b) delle deliberazioni del commissario straordinario della S.I.A.E. n. 26 del 28 febbraio 2003 (di indizione delle elezioni per la nomina dei componenti dell’assemblea), n. 22 del 25 febbraio 2003 (riguardante la ripartizione degli incassi, per il settore “Ballo con strumento meccanico”, per l’anno 2001) e n. 28 del 4 marzo 2003 (di ripartizione dei seggi dell’assemblea, in relazione alle fasce reddituali previste).
Col gravame in esame (rivolto contro la sentenza n. 8467 del 2003 del TAR per il Lazio), gli appellanti:
– hanno dettagliatamente ricostruito le vicende che hanno condotto all’emanazione di tali provvedimenti (pp. 3-21);
– hanno rimarcato la sussistenza del loro interesse ad ottenerne l’anamento (pp. 21-23);
– hanno formulato sei motivi di appello (rubricati con i numeri da 2 a 7).
2. Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla S.I.A.E. perché gli appellanti si sarebbero limitati a riproporre le censure di primo grado, senza formulare critiche alle statuizioni della sentenza gravata.
Infatti, con analitiche e dettagliate argomentazioni, gli appellanti hanno approfondito tutte le questioni controverse ed hanno indicato i vizi di cui – a loro avviso – sarebbe affetta la medesima sentenza.
3. Col primo motivo (pp. 23-29), è lamentata l’illegittimità degli atti concernenti le elezioni, “in ragione dell’illegittima suddivisione degli elettori per fasce di reddito percepiti negli ultimi 4 anni (1998-2001), che, quantomeno in riferimento alla Sezione Musica, è avvenuta sulla base di dati scorretti e inattendibili”.
Per l’adeguata comprensione della censura, va premesso che:
– all’esito di un precedete giudizio, la sentenza del TAR per il Lazio n. 4123 del 2002 (confermata da questa Sezione con la decisione n. 4873 del 2003) ha anato la delibera commissariale n. 22 del 7 marzo 2001, per l’illegittimità del criterio di attribuzione del 50% dei compensi prodotti dal “ballo con strumento meccanico” agli appartenenti alle altre classi della “Sezione Musica”;
– la successiva sentenza del TAR n. 616 del 3 febbraio 2003, resa in sede di ottemperanza, ha ordinato alla S.I.A.E. “di ricalcolare per l’anno 2001 i proventi erroneamente decurtati in base alla anata delibera commissariale n. 22/2001 e conguagliare il pagamento a favore di tutti gli aderenti alla SIAE, beneficiari del giudicato di un atto ad effetti indivisibili”.
Ciò posto, gli appellanti hanno dedotto che:
– la delibera n. 22 del 2003 (nella parte in cui ha confermato “le ripartizioni degli incassi relativi al settore ballo con strumento meccanico effettuate per il primo semestre 2001 e per il secondo semestre 2001, limitatamente al 50% dei diritti già liquidati”) si è posta in contrasto con l’obbligo derivante dalla sentenza n. 616 del 2003 (cui la S.I.A.E. ha dato esecuzione solo in favore delle parti che hanno promosso il relativo giudizio di ottemperanza, mentre non ha proceduto ai calcoli volti a ricostruire le posizioni di tutti gli altri soggetti interessati);
– la medesima delibera – che non ha preso atto di effettive sopravvenienze “in grado di impedire il conguaglio” – è irragionevole ed elusiva della sentenza n. 616 del 2003, anche perché essa avrebbe solo dovuto comportare il raddoppio dei compensi in precedenza attribuiti al 50%, sulla base del criterio anato in sede giurisdizionale;
– ha errato la sentenza impugnata nel dare rilievo alle ragioni giustificative poste a base della delibera n. 22 del 2003 (che ha ravvisato la “ineludibile circostanza dell’impossibilità, per il tempo trascorso, per alcuni soggetti di procedere, ora per allora, alla ricostruzione delle relative posizioni contabili”, e l’impatto “che tale ricostruzione sortirebbe sui diritti soggettivi intangibili degli associati interessati”);
– l’Ente, disponendo di fondi di riserva, può non disporre il recupero delle somme percepite in buona fede dagli “associati del ballo dal vivo”, avvantaggiati dal criterio anato in sede giurisdizionale, poco importando che la deliberazione n. 22 del 2001 non abbia previsto una riserva di recupero di somme eventualmente corrisposte senza titolo;
– conseguentemente, dovrebbero essere anati gli atti inerenti alla procedura elettorale.
4. Le articolate censure degli appellanti – così riassunte – sono fondate nei limiti che seguono.
4.1. Quanto alla dedotta incidenza di tali censure sulla legittimità degli atti riguardanti la competizione elettorale, osserva la Sezione che:
– nel presente giudizio, non sono stati impugnati (neppure con motivi aggiunti) i provvedimenti che – all’esito della competizione elettorale – hanno nominato i componenti degli organi elettivi della S.I.A.E.;
– in questa sede, sono dunque intangibili gli effetti dei medesimi atti (non potendo il giudice amministrativo anare atti attributivi di status a soggetti non intimati nel giudizio e che non sono stati posti in grado di difendersi: Sez. V, 7 maggio 1994, n. 447).
Le censure degli appellanti tuttavia risultano ammissibili, nei limiti in cui hanno rilevato l’illegittimità in sé della delibera commissariale n. 22 del 2003.
Sotto tale aspetto, va ravvisato un loro interesse alla impugnazione di tale atto:
– sotto il profilo patrimoniale, poiché – ove dovessero consolidarsi i contestati effetti di tale delibera commissariale – la S.I.A.E. non sarebbe tenuta ad effettuare le operazioni di calcolo, conseguenti alle statuizioni della sentenza del TAR n. 616 del 2003;
– sotto il profilo morale e della salvaguardia dello status, poiché il sistema di elezione – basato su “fasce reddituali” – implica l’interesse di ogni associato sia di vedersi inserito nella “fascia” cui ha titolo, sia di contestare l’erroneo inserimento in una “fascia” di altri associati che non vi abbiano titolo.
4.2. Ciò posto, ritiene la Sezione che la delibera commissariale n. 22 del 2003 – nella parte in cui ha confermato “le ripartizioni degli incassi relativi al settore ballo con strumento meccanico effettuate per il primo semestre 2001 e per il secondo semestre 2001, limitatamente al 50% dei diritti già liquidati” – si è posta in immotivato contrasto con le statuizioni contenute nella sentenza del TAR per il Lazio n. 616 del 2003 (immodificabili in questa sede).
Tale sentenza – di esecuzione della precedente sentenza n. 4123 del 2002, di anamento della delibera n. 22 del 2001 – ha comportato l’obbligo per la S.I.A.E. di ricalcolare per l’anno 2001 i proventi suddivisi in base alla delibera anata e di effettuare i relativi conguagli “a favore di tutti gli aderenti alla SIAE”.
Sotto tale aspetto, non si può riconoscere rilievo esimente alle osservazioni formulate dal commissario (sulla “impossibilità” di ricostruire le posizioni contabili e sulla intangibilità dei diritti degli associati che già abbiano percepito gli importi), poiché:
– la dedotta “impossibilità” è stata soltanto enunciata apoditticamente e non è stata corroborata da alcuna specifica considerazione o attività istruttoria da cui possa evincersi che sia stata realmente impossibile l’esecuzione delle statuizioni del giudice amministrativo;
– la percezione – da parte degli associati – di somme superiori a quelle effettivamente spettanti comporta l’applicazione della normativa sul pagamento dell’indebito, al fine di effettuare i conguagli in favore degli aventi diritto (salva la facoltà dell’Ente – da esercitare motivatamente e sussistendone i presupposti – di avvalersi dei propri fondi di riserva).
Pertanto, in accoglimento parziale del primo motivo, va in parte anata la delibera commissariale n. 22 del 2003, salvi gli ulteriori provvedimenti da emanare ai sensi dell’art. 26 della legge n. 1034 del 1971.
5. Col secondo motivo (pp. 29-33), è dedotto che:
– la deliberazione commissariale n. 22 del 2003, per la sua natura di “ordinanza di ripartizione”, doveva essere sottoposta all’approvazione del Ministero per i beni e le attività culturali, prima dello svolgimento delle operazioni elettorali;
– la sentenza impugnata ha errato nell’avere considerato efficace la deliberazione, prima della approvazione, poiché questa va qualificata come condicio iuris.
6. Tale motivo va respinto per la parte volta a far ritenere viziati gli atti delle operazioni elettorali, poiché risultano in questa sede inoppugnabili gli atti conclusivi del relativo procedimento.
Per la parte residua (volta a contestare in sé il contenuto della deliberazione commissariale), il motivo risulta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito dell’accoglimento, nei sensi sopra esposti al punto 4.2., della censura rivolta contro la deliberazione commissariale n. 22 del 2003.
7. Col terzo motivo (p. 33-41), gli appellanti hanno riproposto le censure di primo grado rivolte contro il regolamento elettorale (deliberato dal commissario straordinario in luogo dell’assemblea ai sensi dell’art. 4, comma 3, dello Statuto), nella parte in cui l’art. 1, comma 4, ha stabilito che, ai fini della ripartizione dei 64 seggi in assemblea, il valore dei proventi liquidati agli associati vada moltiplicato per dieci.
Essi hanno dedotto che:
– tale meccanismo non è coerente col principio per cui si deve tenere conto della capacità reddituale di ciascun associato e del numero degli associati, poiché in concreto ha “consegnato” la rappresentanza in assemblea dell’intera ‘Sezione Musica’ ad un ristretto numero di editori (e cioè ha attribuito 10 seggi su 16 alla fascia D degli editori, che in media guadagnano oltre 350.000 euro annui);
– in tal modo, i rappresentanti delle fasce “meno ricche” A e B della ‘Sezione Musica’ “resterebbero in netta minoranza”, mentre gli iscritti alla fascia D – “non più di 51” e a volte in rapporto di collegamento tra loro – “dispongono di un potere sproporzionato” rispetto agli altri 1.722 soggetti della medesima Sezione;
– tale meccanismo è concretamente lesivo “per le fasce economicamente più povere”, poiché incide sul sistema di ripartizione dei proventi derivanti dall’utilizzazione da parte di terzi di opere musicali, che è deciso dal Consiglio di amministrazione della S.I.A.E., cui partecipano con un ruolo consultivo le ‘commissioni di sezioni’, che sono “la proiezione della sezione” cui la commissione si riferisce;
– contrasta col principio democratico l’assegnazione di un maggior numero di seggi alle “classi economiche più forti”, attribuiti ai soli appartenenti alle medesime classi;
– il Capo di Gabinetto del Ministero, con la nota n. 180 del 13 gennaio 2003, aveva ritenuto “corretto ipotizzare” un rapporto tra il criterio reddituale e quello numerico “pari a 4-1 o, al più, a 3-1”.
Gli appellanti hanno altresì formulato tabelle, volte a evidenziare come per la “Sezione Musica” il peso di ponderazione 10-1 abbia avvantaggiato le “classi di autori ed editori più ricche”.
8. Così riassunte le articolate doglianze degli appellanti, ritiene la Sezione che esse vadano respinte.
L’art. 7, n. 4, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, ha previsto che lo Statuto della S.I.A.E. deve assicurare “una ripartizione dei proventi dell’esazione dei diritti d’autore tra gli aventi diritto che tenga anche conto dell’effettivo contributo di ciascuno alla formazione dei proventi stessi”.
In tal modo, il legislatore delegato ha previsto che lo Statuto deve tenere conto non solo del principio di democraticità (per cui sono gli stessi associati a decidere le ripartizioni), ma anche di un criterio che tenga conto delle posizioni di coloro che maggiormente producono i proventi.
In attuazione dell’art. 7, n. 4 del decreto legislativo, l’art. 4 n. 4 dello Statuto e l’art. 1 del regolamento elettorale hanno previsto:
– la suddivisione in fasce reddituali degli iscritti;
– l’assegnazione dei 64 seggi sulla base delle fasce reddituali;
– la determinazione del rapporto 10 a 1 tra il criterio del reddito e il criterio numerico-proporzionale (nel senso che ciascuna fascia dispone di un numero di seggi “proporzionale al valore risultante dalla media” di due elementi, cioè il “valore percentuale dei proventi liquidati”, “moltiplicato per dieci”, e il “valore percentuale del numero degli associati appartenenti alla medesima fascia”).
Ciò posto, ritiene la Sezione che, innanzitutto, va respinta la censura di inadeguata valutazione della nota n. 180 del 13 gennaio 2003, con cui il Capo di Gabinetto del Ministero ha prospettato la fissazione di un altro rapporto di ponderazione.
Infatti, il commissario straordinario – con la nota del 24 gennaio 2003 n. 7 – ha riesaminato il criterio ed ha esposto le relative ragioni giustificative (che, evidentemente, hanno fugato le perplessità del Ministero, in sede di approvazione del regolamento elettorale).
Inoltre, va condivisa la statuizione con cui la sentenza impugnata non ha ritenuto manifestamente irragionevole il rapporto di ponderazione concretamente determinato dall’art. 1, comma 4, poiché:
a) l’art. 7, n. 4, del decreto legislativo – per la determinazione di tale rapporto – ha attribuito al commissario straordinario un ampio potere discrezionale, sindacabile nel merito in sede di approvazione ministeriale, ma non anche in sede giurisdizionale di legittimità;
b) non sussistono gli elementi distorsivi che – ad avviso degli appellanti – conseguirebbero dall’applicazione del rapporto determinato dal commissario straordinario.
Infatti, quanto al rilievo “eccessivo” attribuito agli editori appartenenti alla fascia D della “Sezione Musica”, il contestato rapporto risulta ragionevole, anche in base alla comparazione tra il sistema italiano e quelli di altri Paesi europei.
Sotto tale profilo, pur nella varietà dei sistemi e delle relative legislazioni, dagli atti e dai prospetti depositati è emerso che in Francia e in Spagna – per analoghi meccanismi di elezioni di Enti aventi funzioni corrispondenti a quelli della S.I.A.E. – sono stati fissati rapporti di ponderazione (16 a 1 e 60 a 1) tali da evidenziare che il commissario straordinario ha determinato un rapporto che – senza mortificare il criterio numerico – può considerarsi una delle soluzioni coerenti con il criterio valorizzato dal legislatore delegato.
Quanto al rilievo per cui la ‘Sezione Musica’ di fatto ‘governerebbe’ l’Ente, risultano condivisibili le osservazioni poste a base della gravata sentenza, per la quale il ‘peso economico’ delle case editrici può comportare una loro maggioranza relativa nell’ambito della propria categoria di Sezione, e non la maggioranza nell’assemblea e nell’amministrazione dell’Ente.
Inoltre, il contestato rapporto di ponderazione risulta anche giustificato dai dati riguardanti la provenienza degli incassi.
Infatti, nel quadriennio in considerazione, gli editori della ‘Sezione Musica’ appartenenti alla fascia A hanno rappresentato circa il 73% del totale degli incassi editoriali della medesima Sezione, mentre ad essi sono stati attribuiti 9 seggi sui 16 riconosciuti per la categoria, e cioè la percentuale di poco inferiore al 60% (mentre gli incassi della ‘Sezione Musica’ incidono per l’85% sul totale degli incassi per diritto d’autore).
In ragione di tali dati, documentati dalla S.I.A.E. e non contestati nel corso del giudizio, ritiene la Sezione che sia ragionevole il contestato rapporto di ponderazione.
9. Col quarto motivo (pp. 41-44), gli appellanti hanno riproposto le censure rivolte in primo grado contro l’art. 18 del regolamento elettorale, per il quale, rispetto alle fasce reddituali cui risultano attribuiti almeno tre seggi, la lista di minoranza – purché abbia “raccolto almeno un decimo del totale dei voti validamente espressi per quella stessa fascia reddituale” – ha “diritto di sostituire con il proprio candidato collocato in testa alla lista stessa, il candidato che occupa l’ultima posizione della lista vincente”.
Secondo l’assunto, l’art. 18 sarebbe illegittimo per due ragioni.
In primo luogo, gli appellanti hanno dedotto che:
– l’assegnazione di un seggio alla minoranza non è proporzionata all’effettivo numero di seggi da assegnare (essendo sempre uno il seggio riservato, pur se ve ne siano da assegnare cinque);
– l’effettiva tutela delle minoranze potrebbe ottenersi solo con l’introduzione di un criterio di proporzionalità, per il quale ogni tre seggi assegnati ve ne sia uno di un rappresentante della minoranza.
In secondo luogo, essi hanno dedotto che l’art. 18:
– ha previsto un meccanismo – coerente con le ben diverse elezioni connotate da “contrapposizioni politico-ideologiche” – di ‘sostituzione automatica’, per il quale il capolista è eletto, scavalcando l’ultimo della lista di maggioranza, senza considerare il numero di preferenze realmente ottenute;
– il comma 2 è irragionevole nella parte in cui dispone che il candidato della lista di minoranza, cui è riservato il seggio, sia quello “collocato in testa” alla lista e non quello maggiormente votato.
10. Ritiene la Sezione che il primo profilo della censura vada dichiarato inammissibile, poiché con esso si mira ad introdurre nel regolamento elettorale una regola diversa da quella elaborata in sede amministrativa.
Sotto tale aspetto, risultano condivisibili le valutazioni poste a base della sentenza gravata, per la quale il regolamento elettorale ha concretamente tutelato la minoranza, con la riserva di un seggio per la relativa lista che abbia partecipato alla elezione relativa alla fascia elettorale cui risultino attribuiti almeno tre seggi.
Poiché la ratio dell’art. 18 è quella di consentire che nell’assemblea siano esposte le esigenze e le ragioni della lista risultata di minoranza, non urta con alcun principio la regola per cui il seggio riservato resta unico, anche se alla lista di maggioranza sono attribuiti quattro o cinque seggi.
Invece, il secondo profilo della censura va respinto, poiché il comma 2 dell’art. 18 ha individuato il candidato cui spetta il seggio riservato, in coerenza col sistema di votazione previsto dal precedente art. 12 (per il quale il voto è espresso per lista).
Ciò comporta che i voti non sono attribuiti ai singoli candidati, ma alla lista (dopo che, in applicazione dell’art. 8, ogni candidato accetta la candidatura e l’ordine di lista), sicché – in sede di elaborazione della lista – gli stessi candidati sostanzialmente designano quello che, tra di essi, sarà eletto qualora la loro lista risulti quella di minoranza.
11. Col quinto motivo (pp. 44-50), gli appellanti hanno impugnato l’art. 21 del regolamento elettorale (sulla “integrazione dei risultati di scrutinio”), per il quale qualora, “successivamente alle elezioni, risultassero vacanti posti di membro dell’assemblea per qualunque causa, l’assemblea farà ricorso all’istituto della cooptazione, con maggioranza qualificata di due terzi nelle prime due votazioni e con maggioranza assoluta dalla terza votazione in poi. I subentranti debbono essere in possesso dei medesimi requisiti dei componenti l’assemblea da nominare”.
Essi hanno dedotto che l’istituto della cooptazione – non previsto nel precedente sistema elettorale – non è coerente con il principio democratico cui si deve ispirare il sistema elettorale, poiché:
– lo Statuto – agli artt. 6 e 10 – prevede ipotesi di incompatibilità tra le cariche di componente degli organi dell’Ente, sicché il candidato eletto presso l’assemblea deve dimettersi, se designato presso il consiglio di amministrazione o le commissioni di sezione;
– per l’art. 7 del regolamento elettorale, nelle liste elettorali possono essere indicati “tanti candidati quanti sono i membri dell’assemblea da eleggere in rappresentanza della medesima categoria, sezione e fascia reddituale”;
– in concreto, in luogo dai candidati votati e risultati eletti presso l’assemblea, che poi siano designati pressi altri organi, fanno parte dell’assemblea i cooptati e non candidati risultati eletti.
12. Ritiene la Sezione che tali censure vadano respinte.
L’art. 21 del regolamento elettorale – con cui è stata esercitata la potestà normativa dell’Ente – ha legittimamente disciplinato le conseguenze della vacanza di posti di componente dell’assemblea, sia essa dovuta a morte, dimissioni, situazioni di incompatibilità.
L’assimilazione della situazione di incompatibilità alle altre ipotesi non è di per sé irrazionale o in contrasto col principio di democrazia o la natura della S.I.A.E. di ente pubblico “a base associativa”, poiché:
– rientra nell’ambito dei poteri statutari (non contestati in questa sede) la determinazione delle regole sulla incompatibilità;
– anche un terzo estraneo all’assemblea può essere nominato tra i cinque componenti del consiglio di amministrazione o tra quelli delle cinque commissioni di sezione (aventi un totale di cinquanta componenti, come previsto dalla deliberazione commissariale n. 54 del 7 giugno 2003);
– ove in un altro organo dell’Ente sia designato un componente dell’assemblea, la relativa copertura del seggio rimasto vacante è rimessa pur sempre alla determinazione della stessa assemblea, cioè dell’organo rappresentativo;
– la scelta dell’assemblea nella individuazione del cooptato non è libera, poiché di volta in volta può ricadere solo su una persona “in possesso dei medesimi requisiti dei componenti l’assemblea da nominare”, e cioè non solo considerata meritevole sul piano soggettivo, ma anche avente una comunanza obiettiva di interessi con il componente da sostituire.
Contrariamente a quanto hanno reiteratamente dedotto gli appellanti (che hanno prospettato l’insorgenza di accordi tali da “svuotare di significato gli esiti elettorali”), il regolamento elettorale ha previsto:
– una rappresentatività di secondo grado del componente dell’assemblea scelto per cooptazione (in coerenza con le altre regole elettorali sulla presentazione delle liste elettorali per un numero di candidati coincidente con quello dei seggi di riferimento);
– che la base elettorale – nell’eleggere i propri rappresentanti – conferisce loro anche il potere disciplinato dall’art. 21, il che costituisce un sufficiente collegamento tra la stessa base elettorale ed i componenti dell’assemblea, siano essi eletti direttamente ovvero per cooptazione dai componenti eletti.
Del resto, il commissario straordinario – con l’art. 1, lettera b), della deliberazione n. 54 del 7 giugno 2003 (in questa sede non impugnata) – ha integrato le norme regolamentari sull’attività degli organi sociali ed ha specificamente previsto il procedimento per la cooptazione.
Le regole così introdotte (delle votazioni separate e della maggioranza assoluta dalla terza votazione in poi, mentre nelle prime due è richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi) comportano che le scelte della assemblea debbano comunque trovare un ampio consenso, il che conferma come – nell’istituto della cooptazione di cui all’art. 21- sia insito un sufficiente consenso tra la base elettorale e tutti i componenti dell’assemblea.
13. Col sesto motivo (pp. 50-52), gli appellanti hanno altresì riproposto l’ultimo motivo di primo grado, per il quale il commissario – con la delibera n. 26 del 28 febbraio 2003 – ha illegittimamente indetto per l’8 giugno 2003 le elezioni per la nomina dei membri dell’assemblea della S.I.A.E..
Secondo l’assunto, tale indizione:
– è avvenuta in assenza della approvazione del ‘regolamento di organizzazione e funzionamento’, che, in base agli articoli 5 e 10 dello Statuto, deve determinare il numero dei componenti delle commissioni di sezione, aventi le delicate competenze consultive sulla ripartizione dei proventi;
– ha in concreto lasciato ‘interdetti sia i candidati che gli elettori’, poiché non sono state libere e consapevoli – anche in ragione del sistema della cooptazione – le scelte riguardanti le candidature (potendo il singolo decidere di presentarsi come candidato e poi abbandonare il seggio, per fare poi parte della commissione di sezione, ovvero di non presentarsi e di essere poi ‘ripescato’).
14. Ritiene la Sezione che le censure sopra sintetizzate non rilevano per l’esame della legittimità degli atti delle operazioni elettorali indette con la delibera n. 26 del 2003, a causa della mancata impugnazione nel presente giudizio dei relativi risultati, intangibili per la ragione sopra esposta al punto 4.1.
Peraltro, le medesime censure (per la parte in cui gli appellanti hanno contestato l’indizione delle elezioni quale incidente sul loro status) sono anche infondate, poiché:
– le vicende riguardanti le vacanze dei seggi – e le conseguenti cooptazioni – attengono a una fase successiva alla proclamazione dei risultati delle elezioni (sicché non incidono sull’esame della legittimità della delibera n. 26 del 2003);
– sono irrilevanti sul piano giuridico le ragioni che inducono i singoli a candidarsi o meno e a fare previsioni in ordine alla possibilità di essere eletti o di essere designati come componenti di organi diversi dall’assemblea;
– sul piano formale, le elezioni si sono svolte quando il commissario straordinario – con la richiamata delibera n. 54 del 7 giugno 2003 – aveva già determinato il numero dei componenti delle commissioni, completando così le regole di riferimento (sicché gli interessati hanno potuto valutare le questioni coinvolte già prima della convocazione della rinnovata assemblea).
15. Per le ragioni che precedono, l’appello in esame va accolto per la parte sopra precisata al punto 4.2. (e va anata la delibera del commissario straordinario della S.I.A.E. n. 22 del 7 marzo 2003, salvi gli ulteriori provvedimenti), mentre va respinto per il resto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie in parte l’appello n. 789 del 2004 e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ana la deliberazione del commissario straordinario della S.I.A.E. n. 22 del 7 marzo 2003.
Respinge l’appello per il resto.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 9 luglio 2004, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giorgio GIOVANNINIPresidente
Luigi MARUOTTIConsigliere Est.
Giuseppe ROMEOConsigliere
Giuseppe MINICONEConsigliere
Lanfranco BALUCANIConsigliere