Lo strumento privilegiato per l’intervento comunitario nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico consiste nelle azioni a compartecipazione finanziaria, le quali sono annoverabili nella più ampia categoria delle “azioni indirette”. Queste ultime si contraddistinguono per il fatto che l’attività di indagine, svolta da soggetti diversi dalla Comunità Europea, quali imprese ed università, è sostenuta dalla prima, mediante la messa a disposizione, totale o parziale, di risorse finanziarie.
Nelle “azioni dirette”, al contrario, come la denominazione lascia intuire, la ricerca è compiuta dalla stessa Comunità, mediante il Centro Comune di Ricerca. Quest’ultimo è un ente strumentale che adempie alle proprie funzioni in un contesto di stretta cooperazione con la comunità scientifica e le imprese esistenti in Europa.
Nel genus delle azioni a compartecipazione finanziaria rientrano diverse tipologie di progetti, i più rilevanti dei quali sono, da un lato, quelli di ricerca e sviluppo tecnologico, dall’altro, quelli di dimostrazione e quelli integrati, i quali accanto all’attività di ricerca e sviluppo tecnologico constano di una parte di dimostrazione, e, dall’altro lato ancora, i progetti specifici per agevolare la partecipazione delle Piccole e Medie Imprese, quali i CRAFT, ossia i progetti di ricerca cooperativa.
L’attuazione dell’intervento comunitario summenzionato avviene principalmente mediante la stipulazione di un contratto tra la Commissione Europea ed una pluralità di soggetti, in primis università, centri di ricerca ed imprese, selezionati dalla medesima attraverso un apposito procedimento. Si tratta di un negozio qualificabile “di promozione della ricerca”, in cui l’istituzione comunitaria eroga una sovvenzione, soprattutto nella forma di rimborso spese, a fronte dello svolgimento di un progetto di indagine, rientrante nell’ambito di un programma specifico di ricerca e sviluppo, in vista della realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca e dei correlativi obiettivi economici.
I programmi specifici, denominati Thematic Priorities, attuano, nei differenti ambiti, il Programma Quadro pluriennale (attualmente è in vigore il Sesto PQ), il quale consta, per quanto qui interessa, di previsioni generali in merito alla concessione di contributi finanziari a gruppi di imprese ed università (ma non solo), al fine di sostenerli nella realizzazione di progetti innovativi. Il Programma Specifico l’IST (Information Society Technologies) è il principale in termini di finanziamento disponibile e di impatto sull’economia europea. Il settore IST valeva 643 miliardi di euro nel 2001 e rimane tra le priorità strategiche per la crescita competitiva dell’Unione Europea. Tale visione è condivisa dal mondo industriale, il quale ha risposto all’opportunità creata dai finanziamenti europei inviando proposte per oltre otto volte il budget disponibile. Ciò implica la disponibilità a mobilizzare una cifra equivalente in termini di capitale, considerando il meccanismo del cofinanziamento. Grazie all’efficiente sistema di selezione dei progetti, attualmente la Commissione Europea finanzia ricerche che spaziano dai sistemi intelligenti per la sanità, tecnologie per la formazione, sistemi per prevenzione di catastrofi naturali, ambient intelligence a griglie computazionali, reti intelligenti di sensori e sistemi di comunicazione mobile della nuova generazione. A titolo esemplificativo, si pensi ai progetti Nextgrid, relativo a griglie computazionali per il settore finanziario, WearIT@work, sull’utilizzo di computer indossabili sul lavoro, Mobilearn, per la formazione mobile in ogni luogo, e Daidalos, concernente lo studio dei sistemi di ambient intelligence.
Nella materia dei finanziamenti europei alla ricerca, al contratto con la Commissione, composto da un “corpo” e da vari allegati, contenenti rispettivamente la descrizione tecnica del progetto di ricerca, disposizioni più dettagliate del regolamento negoziale ed eventuali condizioni specifiche pattuite tra le parti, se ne affiancano altri, che danno luogo ad una pluralità coordinata di negozi giuridici.
Si allude, ad esempio, ai subappalti, stipulati per lo svolgimento di attività di minore importanza, nel caso in cui il contraente principale non sia in grado di provvedervi personalmente.
Il principale tipo di contratto accessorio, comunque, è costituito dal Consortium Agreement, o Accordo Consortile.
Il Consortium Agreement
Esso è il contratto stipulato tra le parti del negozio principale, ad esclusione dell’istituzione comunitaria, contenente pattuizioni relative al funzionamento interno ed alla gestione del “consorzio”, oltre che all’esecuzione del progetto ed alla Proprietà Intellettuale ed Industriale. La redazione di esso è un’operazione molto complessa dovendo il medesimo adattarsi, oltre che alle intenzioni delle parti, anche alle esigenze del progetto da svolgere. Gli approfondimenti in materia, finalizzati a fornire dei modelli di riferimento, sono svariati. Infatti, gruppi di lavoro come EARTO (European Trade Asssociation of research and technology organisations) e UNITE (Universities’ International Team of Experts), o come OPFR (Organismes Public Francais de Recherche), ANRT (Association Nazionale de la Recherche Tecnique), EICTA (European Information & Communications Technology Industry Association) e TNO (Telecom Network Operator) sono approdati, a partire dal varo del VI PQ, all’elaborazione di tali modelli, spesso in varie sotto-versioni a seconda del tipo specifico di progetto, nel tentativo di fornire degli standard che potessero essere di ausilio ai partner coinvolti. Tale sforzo, d’altro canto, si è scontrato e si scontra tuttora con innumerevoli difficoltà oggettive, che rendono necessaria la simultanea considerazione di molti e diversificati fattori e che rendono, tuttalpiù, i suddetti modelli consorziali solo un eventuale punto di inizio del lungo lavoro delle trattative, che si concludono poi con accordi in gran parte disconstantesi da essi. La stessa opzione iniziale di quale modello di Consortium Agreement scegliere non è banale, dato che gli stessi si discostano in modo abbastanza significativo l’uno dall’altro.
Inoltre, il non negoziare le singole clausole dell’accordo, con la mera recezione di quelle suggerite da uno di questi team di lavoro, rischia di creare incongruenze rispetto allo svolgimento delle operazioni di ricerca, oltre che mancanza di aderenza alla specifica situazione di fatto da regolare: i problemi ai quali l’accordo consortile dovrebbe porre rimedio, lungi dal trovare una soluzione, subiscono un incremento e gli aspetti che, con un’adeguata ponderazione, sarebbero suscettibili di realizzare pienamente l’interesse delle parti coinvolte, rischiano invece di tramutarsi in punti di debolezza, ai quali non è quasi mai possibile porre rimedio in un momento successivo. I membri del progetto che con maggiore frequenza non pongono la dovuta considerazione alla negoziazione delle singole clausole contrattuali sono quelli di dimensioni minori, che, sottovalutandone la portata sul piano delle conseguenze pratiche, sono a volte portati ad accettare senza contrattazione quelle sapientemente ed unilateralmente scelte o predisposte dai partner più esperti e strutturati.
L’Accordo Consortile ha lo scopo di precisare o completare le previsioni del contratto con la Commissione, la quale, nelle materie di competenza di tale accordo, dovrà accettare la disciplina prescelta dalle parti. Tale contratto non è, comunque, privo di effetti nei confronti dell’istituzione comunitaria: la mancata stipulazione del medesimo, infatti, così come la redazione di esso in violazione della normativa che lo riguarda, determinano, da un lato, l’inadempimento dei contraenti, dall’altro, l’inopponibilità di alcune loro decisioni alla Commissione.
Per quanto riguarda la formazione di tale contratto, nel corso della quale è configurabile la responsabilità precontrattuale dei soggetti coinvolti, non è previsto un procedimento rigidamente articolato. In alcuni casi, con riferimento, in particolare, alla fase iniziale, immediatamente successiva alla pubblicazione degli inviti a presentare proposte, si fa ricorso a meri accordi di riservatezza, che forniscono, quanto meno, una protezione delle informazioni scambiate per l’elaborazione delle proposte. Il rischio, infatti, è che, dato il poco tempo a disposizione tra la pubblicazione degli inviti e la data di chiusura del bando, alcuni partecipanti sottoscrivano documenti senza negoziarli adeguatamente, con conseguente mancanza di garanzie relativamente a diritti, come, appunto, quelli attinenti alla concessione di informazioni ed alla relativa riservatezza, internamente al consorzio.
In altri casi, invece, le parti coinvolte preferiscono la soluzione dell’”accordo di collaborazione”, il quale normalmente contempla, accanto a clausole di riservatezza, previsioni preliminari in merito alla futura eventuale organizzazione del consorzio, alla sua direzione ed alle connesse strutture e meccanismi decisionali. Il principale pregio di suddetti negozi consiste nel suo discreto grado di flessibilità, anche per quanto attiene all’eventuale ingresso od uscita di partecipanti. Tale strumento è in grado di facilitare la stesura definitiva del Consortium Agreement, potendo essere considerato, in una certa misura, la versione embrionale del medesimo. Grazie ad esso, i partecipanti hanno modo di preparare con ponderazione tale ultimo documento, comprovando, al contempo, l’efficacia della loro struttura operativa.
L’ipotesi più frequente, però, è quella della negoziazione dell’accordo consortile sin dall’inizio della collaborazione, in modo da arrivare alla stipulazione il più velocemente possibile. Per quanto attiene ai progetti integrati, poi, i partecipanti hanno l’obbligo di sottoscrivere sin dall’inizio tale documento. In genere, comunque, uno dei partner invia agli altri una bozza dell’accordo, alla quale gli altri possono rispondere inviando “lettere d’intenti” dal contenuto diversificato (dalla semplice dichiarazione dell’obiettivo delle trattative, al riconoscimento del punto a cui sono giunte le medesime, a veri e propri impegni giuridici comportanti il sorgere di obbligazioni tra le parti). Solitamente alle lettere d’intenti si accompagnano altri contatti ed incontri, segnati frequentemente da difformità di vedute di non banale composizione: la delicatezza delle questioni trattate e la complessità delle materie oggetto degli accordi rendono, pertanto, indispensabile il supporto tecnico di legali specializzati nel settore.
Si allude, in primo luogo, alla parte riguardante la Proprietà Intellettuale ed Industriale, contenente disposizioni che precisano e completano la disciplina del contratto con la Commissione in materia. Come risaputo, l’attuale società si caratterizza sempre più per essere espressione di un’economia basata sulla conoscenza, ove la creazione del valore delle imprese è sempre in maggior grado riconducibile agli attivi intangibili, piuttosto che alle risorse tangibili. Elementi come, tanto per citarne alcuni tra i più rilevanti, l’Information and Communication Technology (ICT), i software, l’innovazione, i fattori organizzativi e, appunto, le attività di ricerca e sviluppo in genere, si presentano come nuovi “fattori chiave”per il successo delle imprese. Società come Hewlett – Packard sfruttano tali attivi intangibili in modo sistematico, producendo una media di 11 brevetti al giorno nel mondo. L’identificazione, la valutazione e la gestione del capitale intellettuale costituiscono priorità per tutte le imprese. Per avere un’idea della portata del fenomeno si pensi che la Skandia, una società svedese che fu una tra le prime imprese a stendere e pubblicare il Rapporto sul Capitale Intellettuale, il quale fornisce le informazioni utili al miglior sfruttamento degli attivi intangibili dell’impresa cui si riferisce, ebbe, principalmente grazie agli investimenti ed alle attività di gestione di tale patrimonio, un’espansione rapidissima, passando in soli 5 anni da 5 mila a 50 mila punti vendita.
La presa di coscienza del ruolo chiave della gestione della Proprietà Intellettuale ed Industriale è alla base, a livello comunitario, sia della menzione di essa in documenti basilari della politica di ricerca e sviluppo, quali le Comunicazioni della Commissione “Verso una spazio europeo della ricerca” e “Investire nella ricerca: un piano d’azione per l’Europa”, rispettivamente del 18 gennaio 2000 e del 4 giugno 2003, che di vari progetti, in primis Magic, Newkind e European Observatory on Intangibles, tesi a facilitare la comprensione della materia, oltre che a studiarne possibili applicazioni pratiche, in modo da coinvolgere anche le PMI.
Queste ultime, invece, attualmente paiono interessarsi in modo alquanto frammentario alla tematica. A titolo di conferma è sufficiente considerare quanto dichiarato nei rapporti contabili annuali: secondo recenti ricerche, l’81% delle società considerate non attribuiscono alcun valore agli attivi intangibili. Spiragli di una positiva inversione di tendenza sono, comunque, presenti: quasi il 50% delle società prese in esame ha iniziato una politica di pianificazione di investimenti a sostegno del capitale intellettuale.
Da quanto accennato si può intuire l’estrema rilevanza della specifica strategia, giuridica e di mercato, prescelta dall’impresa per lo sfruttamento ottimale delle proprie risorse immateriali, con soluzioni che spaziano dalle licenze e dai trasferimenti di tecnologia o, comunque, da scelte di vendita e di acquisto di proprietà intellettuale, alle fusioni ed acquisizioni, alla creazione di joint venture o alleanze strategiche e via enumerando.
Come si può facilmente arguire, le variabili da considerare prima di aderire ad una determinata strategia sono molteplici e connotate da grande complessità.
Ciò tanto più in un contesto, quale quello oggetto del presente lavoro, di cooperazione scientifica e tecnologica a livello internazionale di soggetti dalla più diversificata natura giuridica. Ad esempio, nel progetto Cogain, relativo alla ricerca nell’utilizzo delle tecnologie per migliorare l’accesso ad Internet da parte dei disabili motori, accanto a partner accademici, come l’Università di Tampere, il politecnico di Torino e l’Istituto Tecnologico di Tokio, si trovano aziende come Permobil, HP, Danish Centre e ospedali, quali il danese Bisbebjerg e quello di Cambridge.
Il successo della interazione di partner numerosi e differenziati dipende in larga misura dall’adeguatezza del trattamento dei diritti di privativa. La tensione tra due contrapposte esigenze, infatti, rischia di creare difficoltà difficilmente superabili: a fronte della necessità di garantire il patrimonio intellettuale di ogni partecipante si pone l’esigenza di consentire l’accesso di ogni partecipante alle conoscenze degli altri membri del consorzio, in modo da rendere fruttifero lo svolgimento dell’attività di indagine in collaborazione. Si ricordi, per inciso, che lo scopo finale dell’attuale politica comunitaria di promozione della ricerca e dell’innovazione, non è solo quello della produzione di nuove conoscenze tecnologiche, ma soprattutto quello di assicurarne lo sfruttamento ottimale.
Se a quanto riferito poco sopra si aggiunge la considerazione che la disciplina del regolamento n. 2321/2002/CE, contenente le regole di partecipazione e di diffusione dei risultati per l’attuazione del VI Programma Quadro, è improntata al riconoscimento di un elevato livello di autonomia e libertà alle parti in ordine al trattamento della Proprietà Intellettuale ed Industriale, si comprende come siano di fondamentale importanza le varie previsioni del Consortium Agreement riconnesse, in maniera diretta od indiretta, a tale tematica.
Si allude, per un verso, alla precisa redazione delle clausole di segretezza, con specifica individuazione sia delle informazioni riservate, sia delle modalità di trattamento delle medesime, che delle persone autorizzate a tale trattamento, per altro verso, all’individuazione del Know-how preesistente ed alle disposizioni circa la proprietà, l’uso e, in generale, i diritti di accesso sui risultati del progetto di ricerca.
Ferme restando le norme in tema di paternità di tali risultati, infatti, ossia in tema di diritto di esserne riconosciuti autori od inventori, il Consortium Agreement disciplina i profili patrimoniali di essi. Al riguardo, le soluzioni possibili sono svariate, dalla comproprietà delle conoscenze, alla cessione dei diritti od alla concessione di licenze ad alcuni partner, all’attribuzione all’inventore del diritto di esclusiva nell’utilizzazione in una determinata zona o per un determinato periodo di tempo e via dicendo.
Nei casi di comproprietà dei risultati, è opportuno che l’accordo consortile disciplini il godimento disgiunto di essi, prevedendo, ad esempio, criteri territoriali o di mercato, in modo da evitare l’insorgere di conflitti tra i partner. Ciò, ovviamente, nelle ipotesi in cui i partner non optino per lo sfruttamento congiunto del bene immateriale e per la conseguente eventuale costituzione di organizzazioni giuridiche, quali Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) e società commerciali. In tal caso, il Consortium Agreement può contenere gli elementi essenziali dei corrispondenti contratti sociali (nome, sede, oggetto, quote di capitale, ecc.) e patti parasociali.
Di non minore rilievo, soprattutto in vista di eventuali controversie tra i contraenti, si appalesa l’individuazione del know-how preesistente (c.d. PEK, Pre-existing Know-how). Esso va precisato attentamente, anche con l’ausilio di allegati di documentazione tecnica o amministrativa o mezzi similari, in modo da non consentire confusione alcuna con i risultati della ricerca e da determinare il livello dell’impegno di ciascun membro.
Una tematica fondamentale e di ampio respiro è costituita dai diritti di accesso, intesi come licenze e, più in generale, diritti di utilizzazione in relazione sia al PEK che alle conoscenze ed ai risultati dell’attività progettuale. Ad essi sono dedicati gli articoli 25 ss. del Regolamento surrichiamato, oltre che alcune clausole incluse nel Contratto con la Commissione. Tale disciplina non è, però, esaustiva, lasciando, al contrario, ampio margine di manovra all’autonomia negoziale delle parti. Esse, per un verso, regolamentano in modo puntuale i profili attinenti al controllo ed all’eventuale ricompensa, per altro verso, a volte concedono diritti di accesso addizionali o miglioramenti rispetto allo standard minimo unilateralmente sancito a livello comunitario. La problematica consta di svariati profili di interesse, a partire dalle modalità procedurali, fino agli aspetti economici, all’ipotesi di rifiuto ed a quella di esclusiva, i quali saranno oggetto di specifica attenzione in un approfondimento successivo.
Ancora, nella sezione dedicata alla Proprietà Intellettuale ed Industriale, il Consortium Agreement dovrà contenere clausole riguardanti le modalità ed i tempi di protezione dei beni immateriali scaturenti dalla ricerca. A tal riguardo giova rammentare che nel contratto concluso con la Commissione è generalmente incluso un vero e proprio obbligo di protezione “adeguata ed effettiva” delle conoscenze di proprietà intellettuale “suscettibili di applicazione commerciale o industriale”. Un primo livello di tutela è assicurato dalla conservazione della segretezza della scoperta. Vi sono poi altre possibilità, quali il deposito di richieste di brevetti o di modelli di utilità e l’applicazione della legislazione sui segreti commerciali o industriali. In aggiunta ad esse, vengono in considerazione alcuni diritti di proprietà intellettuale che si acquisiscono in modo automatico, senza necessità di registrazione.
Si pensi, in primo luogo, al diritto d’autore. Essendo, nel caso in esame, automatica la protezione della Proprietà Intellettuale, il contraente “autore” della medesima sarà esonerato dal compimento di sforzi ulteriori diretti ad ottenere tale tutela, sempre che non si versi in situazioni in cui sia possibile l’acquisizione di altri diritti. La titolarità del diritto d’autore non necessariamente giustifica, infatti, l’astensione del contraente dall’attivarsi per l’ottenimento di ulteriori forme di protezione, quali brevetti. Ad esempio, in caso di sviluppo di software innovativo, quest’ultimo è automaticamente protetto dal diritto d’autore. Ciononostante, nelle particolari ipotesi in cui ciò sia possibile, il contraente è tenuto al deposito della relativa domanda di brevetto.
Secondo l’art. 22, c.2 del Regolamento n. 2321/2002/CE sopra citato, inoltre, se la Commissione reputa necessario tutelare le conoscenze sviluppate in uno Stato in cui il contraente che ha prodotto le stesse non ha interesse ad ottenere tale protezione, l’istituzione comunitaria può provvedervi direttamente, previo accordo con tale contraente, il quale può opporsi solo dimostrando la significativa lesione di suoi interessi legittimi.
Al di fuori di questo caso, in cui il membro del consorzio provvede solo parzialmente alla tutela dei risultati del progetto da esso sviluppati, le conseguenze dell’inadempimento dell’obbligo di protezione possono essere notevolmente afflittive.
Quanto agli strumenti in senso lato “probatori” di due aspetti fondamentali in tema di protezione delle conoscenze, ossia della titolarità e della data in cui esse sono venute ad esistenza, esistono differenti possibilità, con un diverso grado di garanzia di certezza. Una di esse è costituita dall’invio di una lettera assicurata contenente la descrizione della creazione protetta dal diritto d’autore. Un altro sistema, più sicuro, consiste nella registrazione del proprio lavoro presso uno studio notarile.
Un altro meccanismo, semplice ed economico, utilizzato per il medesimo scopo “probatorio” è il c.d.”envelope Soleau”, di frequente applicazione soprattutto in Francia. Esso, sebbene inizialmente concepito per modelli o disegni, risulta ormai di applicazione molto più estesa, essendo utilizzato anche per creazioni estetiche e decorative o per invenzioni. Tale strumento è basato sulla comparazione tra il contenuto di due compartimenti, in cui l’autore inserisce uno stesso documento (la creazione). Uno di tali compartimenti è custodito negli archivi dell’Institut National de la Propriètè Industrielle (INPI), in modo che possa essere utilizzato come termine di confronto in ipotesi di controversia concernente ad esempio la titolarità.
Ai sensi dell’art. 23 del Regolamento più volte citato, inoltre, i partecipanti sono tenuti a valorizzare le conoscenze prodotte con l’attività di ricerca, sia mediante ulteriori attività di indagine, sia attraverso lo sfruttamento economico delle stesse, conformemente ai loro interessi. In particolare, i contraenti sono tenuti a precisare “le condizioni di valorizzazione in maniera dettagliata e verificabile in conformità” sia del regolamento, sia del contratto con la Commissione. Tale disposizione è l’unica concernente il Piano Tecnologico di Attuazione (PTA) o Technology Implementation Plan (TIP), la cui importanza è ormai indiscussa, al punto che la Commissione europea ha introdotto un vero e proprio obbligo contrattuale a carico dei membri del consorzio di ricerca, avente ad oggetto la predisposizione di tale documento. In particolare, con tale locuzione sin fa riferimento a documenti congiunti, provenienti da tutti i partner del progetto, ed aventi per scopo primario di consentire l’individuazione delle potenzialità industriali e commerciali dei risultati del progetto. In essi, per un verso, vengono descritti tali risultati, per altro verso, viene presentato il piano per lo sfruttamento dei medesimi da marte sia dei soggetti coinvolti nella ricerca, sia di soggetti esterni. In essi, inoltre, vengono inclusi accordi di segretezza ed altre clausole riguardanti la Proprietà Intellettuale ed Industriale, in specie la sua protezione.
Ebbene, molto spesso il Consortium Agreement contiene il nucleo essenziale del futuro TIP, ossia i principi basici di esso, da cui iniziare la negoziazione delle conseguenti clausole maggiormente dettagliate.
Inoltre, l’art. 23, c. 2 del Regolamento n. 2321/2002/CE e le condizioni generali del contratto con la Commissione dispongono che i partecipanti sono tenuti a diffondere i risultati della ricerca entro i due anni successivi alla conclusione del progetto, sempre che ciò non ne pregiudichi la protezione o valorizzazione e tenendo conto di diversi altri aspetti. In particolare, la diffusione dovrà aver luogo previa considerazione della necessità di salvaguardare i diritti di Proprietà Intellettuale, degli interessi legittimi dei partecipanti, della confidenzialità di alcune conoscenze e dei benefici di una rapida diffusione, soprattutto al fine di “evitare duplicazioni delle attività di ricerca e creare sinergie tra azioni indirette”. La Commissione può diffondere essa stessa i risultati della ricerca, se i partecipanti non adempiono a tale obbligo.
Tale regolamentazione mira a potenziare la valorizzazione dei risultati della ricerca, sia direttamente da parte dei partecipanti alla stessa, che mediante eventuali partner interessati allo sfruttamento delle conoscenze prodotte. Ciò è confermato dalla messa a disposizione, da parte delle istituzioni comunitarie, di diversi strumenti utili a tale scopo, quali il CORDIS Technology Market Place, basato sulla tecnologia, il CORDIS Results Service, mediante il quale viene data la possibilità di pubblicare i risultati della ricerca che necessitano di ulteriori sviluppi, il Relay Centres Support, e via dicendo. Peraltro, nell’ipotesi in cui alcuni soggetti desiderino sfruttare o valorizzare i risultati del progetto, di cui siano venuti a conoscenza per mezzo della suddetta diffusione, i medesimi dovranno in genere concludere contratti di licenza o di trasferimento tecnologico con i rispettivi titolari.
Tornando all’accordo consortile, le altre parti di esso generalmente contengono definizioni, la scelta della legge applicabile e del foro competente per eventuali controversie, disposizioni relative alla gestione, anche finanziaria, del progetto, inclusa la scelta del metodo con cui saranno prese le decisioni, e precisazioni in merito all’obbligazione principale, ossia allo svolgimento dell’attività di ricerca.
In quest’ultimo ambito, vengono precisati sia i risultati attesi, sia il contributo tecnico di ciascun partner, che le risorse utilizzate da ciascuno dei medesimi, intendendo per risorse non solo quelle umane e quelle materiali, quali le attrezzature ed i materiali impiegati, ma anche le procedure adottate e, soprattutto, il know-how, i brevetti, il diritto d’autore di cui il contraente sia proprietario o licenziatario, e via dicendo. La mancanza di indicazioni e di attenzione al riguardo può essere foriera di inconvenienti legali successivi.
Tale breve panoramica vuole essere solo un’introduzione alla materia dei diritti di Proprietà Intellettuale ed Industriale nell’ambiro della ricerca europea. Pertanto, le varie tematiche cui si è fatto sommario riferimento in questo lavoro verranno riprese, insieme ad altre, in articoli successivi, dove saranno scandagliate con maggiore puntualità, in modo da comprenderne appieno sia il significato, sia la portata sul piano applicativo.
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