BREVI CENNI SULLA NUOVA DISCIPLINA DEI DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI
di Matteo Ricciardi1
Sommario: 1. Principi — 2. Titolarità ed esercizio dei diritti audiovisivi — 3. La ripartizione delle risorse: il principio di solidarietà — 4. Conclusioni
1. Principi
In attuazione della Legge Delega del 19 luglio 2007, n.1062, il Legislatore italiano ha emanato, in data 9 gennaio 2008, il Decreto Legislativo n.9, avente ad oggetto la nuova disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi e la relativa ripartizione delle risorse relativamente agli eventi sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e alle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale.
La Legge Delega si prefiggeva lo scopo di garantire l’equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato dei diritti audiovisivi.
Al fine di raggiungere i suddetti obiettivi, le Legge Delega ha predisposto i principi cui il Legislatore delegato si è attenuto nell’esercizio della delega, primo fra tutti il riconoscimento della specificità del fenomeno sportivo derivante dal carattere di utilità sociale che riveste l’attività sportiva in quanto mezzo di educazione e sviluppo della società, in grado di garantire un miglioramento della qualità della vita.3
Sul punto giova sottolineare che, nel sancire tale principio, il Legislatore italiano ha recepito gli assunti condivisi a livello comunitario da tutti gli Stati membri e cristallizzati, oltrechè in pronunce giurisprudenziali4, soprattutto nella Dichiarazione del Consiglio Europeo di Nizza del 10 dicembre 2000, la quale riconosce le “funzioni sociali, educative e culturali dello sport, che ne costituiscono la specificità” e stabilisce altresì che la Comunità Europea debba tener conto di tale specificità “al fine di rispettare e promuovere l’etica e la solidarietà necessarie a preservarne il ruolo sociale”5.
Proprio tale riconoscimento legislativo del principio di utilità sociale quale elemento ontologico del fenomeno sportivo, sia che si manifesti in forma di professionismo che di dilettantismo, si pone quale principio cardine del nuovo quadro normativo introdotto dalla Legge Delega e, successivamente, dal D.Lgs. 9/08.
La Legge Delega, in particolare, ha individuato ulteriori criteri cui il Legislatore delegato ha dovuto attenersi per dare attuazione ai principi individuati nella stessa e finalizzati a tutelare e garantire l’equilibrio competitivo delle competizioni, la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione e la solidarietà finanziaria all’interno del sistema. Tra detti criteri giova ricordare il riconoscimento della contitolarità in capo all’organizzatore della competizione sportiva e ai soggetti ad essa partecipanti della totalità dei diritti audiovisivi dei relativi eventi sportivi, ad eccezione dei diritti d’archivio (che rimangono in capo alla singola società per le realizzazioni di prodotti riferiti alle singole squadre) e della conseguente disciplina della commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti da parte dell’organizzazione della competizione; la garanzia di assicurare il diritto di cronaca; una ripartizione equa, tra i soggetti partecipanti, delle risorse derivanti dalla commercializzazione; la destinazione di una quota delle risorse per finalità di mutualità generale del sistema; la tutela degli utenti finali dei prodotti audiovisivi sportivi.
Era del resto molto diffusa la necessità di modificare la normativa esistente al fine di mettere ordine in un mondo, quello del calcio professionistico, messo a soqquadro dal susseguirsi di innumerevoli scandali.6
Come noto, la previgente normativa era basata sulla titolarità e vendita individuale dei diritti. Il Legislatore ha inteso (re)introdurre la commercializzazione centralizzata dei diritti audiovisivi sportivi nella convinzione (come si evince dalla relazione illustrativa di del D.Lgs. 9/08) che solo una riforma strutturale della materia in tal senso avrebbe potuto garantire e tutelare i principi di solidarietà finanziaria, di lealtà sportiva e di equilibrio economico e strutturale nell’ambio di ciascuna competizione al fine di preservare il ruolo e l’utilità sociale del settore sportivo, con specifico riferimento al calcio (cui di fatto le previsioni del D.Lgs. 9/08 sono indirizzate).
Sono dunque questi gli elementi e i presupposti essenziali su cui si fonda l’emanazione del D.Lgs. 9/08 e delle disposizioni in esso contenute, volte, ai sensi dell’art. 1, a garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre, organizzati a livello nazionale, e a disciplinare la ripartizione della risorse economiche e finanziarie assicurate dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti, in modo da garantire l’equilibrio competitivo fra i soggetti partecipanti alle competizioni e da destinare una quota di tali risorse a fini di mutualità.
2. Titolarità ed esercizio dei diritti audiovisivi
Le novità principali apportate dal D.Lgs. 9/08 rispetto alla normativa previgente riguardano, da un lato, la titolarità dei diritti audiovisivi e, dall’altro lato, l’esercizio dei diritti medesimi.
Come ricordato in precedenza, le disposizioni contenute nel D.Lgs. 9/08 attuano il passaggio da un sistema incentrato sulla titolarità dei diritti audiovisivi sportivi in capo alle singole società sportive, recepito nella legge 29 marzo 1999, n. 787, ad un nuovo sistema basato sulla contitolarità dei diritti in capo al soggetto preposto all’organizzazione della competizione e a tutti i soggetti partecipanti alla stessa.
Il D.Lgs. 9/08 prevede infatti che la titolarità dei diritti audiovisivi relativi agli eventi di una determinata competizione sportiva è congiuntamente in capo alle società sportive partecipanti a tale competizione e al soggetto cui è demandata o delegata l’organizzazione della competizione da parte della relativa federazione sportiva, ossia l’associazione di categoria di cui fanno parte tutte le società sportive che partecipano alla competizione medesima8.
Sotto il profilo della configurazione giuridica, tale “contitolarità” si discosta dall’istituto della comunione tipica prevista dagli artt. 1100 e ss. del codice civile (cd. comunione di tipo romanista) caratterizzata dalla presenza di quote di appartenenza individuali in cui ciascun comunista può disporre della propria quota9.
Lo stesso Legislatore, come specificato nella relazione ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. 9/08, qualifica la contitolarità di cui all’art. 3, comma 1 del D.Lgs.9/08 come una “comunione a mani riunite” (Gemeinschaft zur Gestamen Hand), istituto tipico del diritto germanico caratterizzato da una forma collettiva di proprietà più accentuata in quanto caratterizzata dalla mancanza di quote di appartenenza individuale del bene comune, “nella quale non è riconosciuto ai singoli compartecipi un diritto suscettibile di disposizione che sia anche oggetto di responsabilità patrimoniale”10.
La figura giuridica della contitolarità dei diritti audiovisivi sportivi nella impostazione data dal Legislatore con il D.Lgs. 9/08, trae origine dall’esistenza di gruppi legati da determinati vincoli (associativi e regolamentari) su una data res intesa come oggetto a sé stante e non come sommatoria dei suoi componenti (la competizione), in cui prevale l’elemento corporativo (l’organizzatore della competizione quale associazione di cui fanno parte tutti i partecipanti alla competizione medesima) e l’indivisione perpetua (della competizione) per il raggiungimento dello scopo comune (il corretto e regolare svolgimento della competizione)11.
All’organizzatore della competizione “è demandata o delegata l’organizzazione della competizione”12: trattasi di un soggetto qualificato a tutti gli effetti come imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 2195 c.c., su cui ricade la responsabilità della realizzazione e del corretto svolgimento della competizione ed al quale il D.lgs. 9/08 affida l’esercizio dei diritti audiovisivi.
Giova rilevare in proposito che, seppur la “comunione a mani riunite” non sia esplicitamente prevista dall’ordinamento italiano, la dottrina fa risalire a questo istituto anche altre figure a struttura collettiva e prive di quota, quali le partecipanze agrarie13, che rendono coerente con i principi dell’ordinamento italiano l’impostazione fornita dal Legislatore nel caso in esame.
La figura giuridica della contitolarità dei diritti oggetto dell’art. 3, comma 1 del D.Lgs. 9/08, è assimilabile anche ad altre figure giuridiche già tipizzate dal nostro ordinamento, quale quella del produttore di opere cinematografiche, così come disciplinata ai sensi della Legge 633/41 sul Diritto d’Autore.
L’organizzatore della manifestazione si occupa della organizzazione tecnica e finanziaria necessaria alla “creazione” della competizione, Analogamente al produttore di opere cinematografiche. Ad entrambi i soggetti viene infatti attribuito ex lege14 il diritto di utilizzazione economica dei diritti relativi rispettivamente alla competizione organizzata e all’opera prodotta.
Tant’è che le disposizioni della legge sul Diritto d’Autore vengono espressamente richiamate in materia di esercizio dei diritti audiovisivi che, ai sensi dell’art. 4 comma 1 del D.Lgs. 9/08, spetta all’organizzatore della relativa competizione15 e che la normativa in esame rinvia alla legge sul Diritto d’Autore disponendo l’inserimento all’interno di quest’ultima di un nuovo articolo (il 78 – quater), il quale sancisce l’applicabilità delle disposizioni contenute nella legge sul Diritto d’Autore anche in relazione ai diritti audiovisivi sportivi16.
Parte della dottrina17 ha sostenuto che gli istituti della contitolarità e dell’esercizio dei diritti audiovisivi così come previsti dal D.Lgs. 9/08 comporterebbero una limitazione della autonomia negoziale dei singoli soggetti partecipanti alla competizione sportiva, comprimendo di fatto la libertà di iniziativa economica di tali soggetti, e renderebbero di conseguenza il D.Lgs. 9/08 incompatibile con i principi costituzionali di cui agli artt. 41 e 42 della Costituzione18.
In realtà, è proprio il dettato stesso dell’ art. 41 Cost. a confutare tale teoria. Infatti, il dispositivo combinato del secondo e terzo comma del suddetto articolo19 antepone alla tutela dei singoli interessi economici privati il principio dell’utilità e della finalità sociale cui una norma è destinata, prevedendo al contempo la facoltà in capo al Legislatore di determinare gli strumenti opportuni per indirizzare e coordinare l’attività economica al raggiungimento di tali finalità sociali.
Pertanto, come più volte confermato in passato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale20, è consentito al Legislatore derogare alle norme costituzionali laddove l’attività del Legislatore stesso sia giustificata da ragioni di utilità sociale21.
Ragioni di utilità sociale che, come evidenziato, caratterizzano fortemente il fenomeno sportivo che il Legislatore intende regolamentare in forza delle previsioni contenute nella Legge Delega e successivamente attuate dal D.Lgs. 9/08, le quali pertanto non possono essere considerate in contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione.
Chiarita la compatibilità del D.Lgs. 9/08 con le norme costituzionali interne, è opportuno soffermarsi sul rapporto che intercorre tra la normativa in esame e la normativa europea in materia di concorrenza, alla luce del fatto che sia le società sportive partecipanti alle competizioni sia, come detto, l’organizzatore della competizione, sono da considerarsi soggetti che svolgono attività economica e pertanto sottoposti alle previsioni di cui agli artt. 8122 e 8223 del Trattato CE24.
Occorre verificare se la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti audiovisivi in esclusiva può porsi in contrasto con gli artt. 81 e 82 del Trattato CE, in quanto potrebbe comportare un ingiustificato restringimento del mercato o un’irragionevole compressione della concorrenza, con riferimento sia alle intese “orizzontali” (che intercorrono tra soggetti che appartengono ad un medesimo livello del relativo mercato di riferimento, quali ad esempio l’organizzatore dell’evento e le società sportive) sia a quelle “verticali” (relative a soggetti che si pongono su diversi livelli del mercato25).
Invero la Commissione europea si è già pronunciata nel recente passato in relazione alla compatibilità dei sistemi di vendita centralizzata dei diritti audiovisivi con le norme comunitarie sulla concorrenza ritenendo legittimi (ed anzi in grado di garantire una maggiore efficienza sotto il profilo organizzativo della vendita26) e non in contrasto con la disciplina dettata dagli artt. 81 e 82 del Trattato CE, la commercializzazione centralizzata dei diritti audiovisivi in cui (come avvenuto in relazione alle decisioni sui casi dell’UEFA Champions League27, della Bundesliga tedesca28 e della Premier League inglese29, aventi per oggetto tre delle maggiori competizioni calcistiche a livello europeo) vengano rispettate determinate previsioni, quali la tutela della parità di trattamento dei soggetti coinvolti, sia a monte sia a valle, e la conseguente uniformità del prodotto offerto agli stessi, il divieto di creare posizioni di abuso dominante nel mercato a valle, anche tramite il rispetto della cd. “no single buyer rule”, la facoltà in capo ai contitolari dei diritti di svolgere essi stessi, in determinate circostanze, le relative attività di commercializzazione autonomamente.
Da parte sua, il Legislatore italiano, nel disciplinare le modalità di commercializzazione dei diritti, ha recepito integralmente l nel D.Lgs. 9/08e indicazioni fornite dalla Commissione. E infatti:
- la commercializzazione dei diritti deve avvenire tramite suddivisione in “pacchetti”, tra di loro equilibrati30;
- le procedure di assegnazione devono essere chiare, trasparenti e non-discriminatorie31;
- i contratti di licenza sottoscritti devono essere di breve durata32;
- deve essere vietato l’acquisto di tutti i diritti da parte di un unico operatore di comunicazione33;
- deve essere concessa alle singole squadre la possibilità di commercializzare singolarmente i diritti che dovessero rimanere invenduti34.
L’aderenza delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 9/08 ai correttivi richiesti dalla Commissione europea nella valutazione di analoghi casi di commercializzazione centralizzata dei diritti audiovisivi sportivi pare dunque escludere a priori la presunta incompatibilità del D.Lgs. 9/08 medesimo con la disciplina comunitaria a tutela della concorrenza35.
3. La ripartizione delle risorse: il principio di solidarietà
L’art. 21, comma 1 del D.Lgs. 9/08 prevede una ripartizione tra i contitolari dei diritti audiovisivi sportivi delle risorse di natura economica e finanziaria derivanti dalla commercializzazione centralizzata di tali diritti, secondo determinati criteri e previa deduzione delle quote destinate alla mutualità36.
Tale previsione ha quindi la funzione di consentire al Legislatore di raggiungere materialmente, nelle modalità di seguito esposte, il proprio obiettivo di garantire l’equilibrio economico e, di conseguenza, competitivo tra i soggetti partecipanti a ciascuna competizione.
Anche in questo caso, il principio solidaristico alla base di tale redistribuzione delle risorse trova il suo fondamento nei caratteri di specificità propri del fenomeno sportivo e dalle ragioni di utilità sociale, più volte ribadite, da cui tale specificità deriva.
Infatti, giova sottolineare che in forza del principio di mutualità di cui agli artt. 22 e 24 del D.Lgs. 9/08, parte delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti vengono destinate allo sviluppo dei settori giovanili, al sostegno degli investimenti per la sicurezza degli impianti sportivi, al finanziamento di progetti finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche e valorizzare e incentivare l’attività delle categorie calcistiche professionistiche inferiori37.
Sono proprio le summenzionate ragioni di utilità sociale a giustificare la legittimità di una disciplina, quale quella prevista dagli artt. 21 e ss. del D.Lgs. 9/08, che solo ad un esame superficiale potrebbe essere configurata come lesiva, ancora una volta, del diritto di un soggetto di svolgere liberamente la propria attività economica e, conseguentemente, di decidere liberamente come disporre delle risorse che tale attività ha generato.
Anche in questo caso è però sufficiente fare riferimento al disposto dell’art. 41, secondo e terzo comma della Costituzione ed alle relative pronunce giurisprudenziali che, nello stabilire che “il principio della libertà di iniziativa economica privata (in cui rientra la libertà di commercio) trova un limite inderogabile nell’utilità sociale, sicchè il Legislatore può ben determinare i programmi e controlli per indirizzare e coordinare ogni attività economica”38, rendono pienamente lecita l’applicazione delle norme del D.Lgs. 9/08 che disciplinano le modalità di redistribuzione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi39.
Al riguardo, il D.Lgs. 9/08, prevede che una quota di tali risorse, comunque non inferiore al 40% del totale, venga distribuita in parti uguali tra tutte le squadre, mentre le altre risorse devono essere redistribuite tenendo conto, da un lato, del risultato sportivo di ciascuna squadra e, dall’altro lato, dei relativi bacini d’utenza. Tali quote devono essere determinate dalle medesime società sportive tramite delibera assembleare approvata con maggioranza qualificata dei tre quarti degli aventi diritto al voto40.
In forza di tale previsione, e fermo quanto previsto al successivo art. 2641 con riferimento alla prima applicazione del D.Lgs. 9/08, il Legislatore ha inteso individuare uno schema di massima circa i criteri da seguire per la ripartizione delle risorse, delegando la determinazione finale delle quote alle assemblee di categoria degli organizzatori della competizione, limitandosi ad individuare la maggioranza qualificata (tre quarti degli aventi diritto al voto) necessaria per l’approvazione della relativa delibera allo scopo di evitare abusi da parte delle società più influenti a danno dei piccoli club42.
4. Conclusioni
Con l’emanazione del D.Lgs. 9/08, il Legislatore ha quindi (finalmente43) uniformato la situazione italiana a quella dei principali Paesi europei, al fine, più volte ricordato, di garantire quell’equilibrio economico-competitivo all’interno delle competizioni sportive che si era via via sempre più affievolito, a tutto svantaggio delle squadre medio-piccole e delle competizioni “minori”, in seguito all’adozione del sistema di vendita individuale dei diritti audiovisivi sportivi.
Compiendo un breve excursus di quanto accaduto negli ultimi anni in relazione alla commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi, risultava evidente la necessità e l’utilità della adozione di una nuova regolamentazione in materia, oltre che sotto il profilo della regolamentazione giuridica, anche sotto il profilo economico.
La commercializzazione dei diritti relativi alle stagioni sportive precedenti all’emanazione del D.Lgs. 9/08 è stata infatti contrassegnata da diverse dispute, di natura essenzialmente economica, sorte di anno in anno tra i titolari dei diritti (siano esse le singole società sportive o la Lega Nazionale Professionisti stessa) da una parte e le emittenti televisive (in chiaro e a pagamento) dall’altra.
Con riferimento, ad esempio, alla stagione sportiva 2004/2005, in cui l’emittente Sky Italia era di fatto l’unico possibile acquirente dei diritti di trasmissione delle partite delle singole squadre, le relative negoziazioni tra l’emittente ed alcune società di serie A si sono protratte ben oltre la data di inizio del campionato, rendendo così impossibile al consumatore finale di fruire dell’intero prodotto sin da subito.
Durante la stessa stagione sportiva 2004/2005 si è registrato un episodio analogo al termine del girone d’andata, con riferimento questa volta alla licenza da parte delle società sportive dei propri diritti audiovisivi, relativi però alla piattaforma digitale terrestre, alle emittenti Mediaset e La7: anche in tale circostanza alcune società sportive hanno licenziato i relativi diritti solo in un secondo momento rispetto alle altre (addirittura una di loro non li ha concessi del tutto).
Con riferimento alla commercializzazione dei diritti relativi alle altre competizioni calcistiche, la situazione che si è andata delineando negli ultimi anni a causa (anche) della mancanza di una specifica regolamentazione si è rivelata addirittura peggiore ed ha sensibilmente contribuito alla progressiva e repentina perdita di valore che competizioni quali il campionato di Serie B e la Coppa Italia (ora TIM Cup) hanno subito di recente.
Basti pensare in proposito al fatto che la maggior parte delle gare del campionato di Serie B della stagione sportiva 2005/2006 non sono state trasmesse da alcuna emittente, né in chiaro né a pagamento44 e che nella stagione sportiva 2007/2008 il campionato di Serie B è stato quasi completamente oscurato (solo alcuni incontri del girone di ritorno e dei playoff sono stati trasmessi da Sky, da Conto Tv e dall’emittente locale Rete Brescia)45.
Per quanto invece concerne la Coppa Italia/TIM Cup, un tempo seconda competizione nazionale per importanza e prestigio, già a decorrere dalla stagione sportiva 2001/2002 i ritardi nelle trattative tra la Lega Nazionale Professionisti e le emittenti televisive hanno impedito la trasmissione sia della fase eliminatoria sia del secondo turno e anche negli anni successivi la copertura è stata completa solo a decorrere dagli ottavi di finale46.
Al contrario, la prima parziale applicazione del D.Lgs. 9/08 ha contribuito a produrre conseguenze positive per il “sistema-calcio” nel suo complesso, eliminando quei fattori di incertezza circa il corretto inizio e svolgimento delle competizioni e, soprattutto, garantendo il rispetto e la tutela dei diritti in capo al consumatore finale (sia esso considerato in qualità di singolo utente o come inserzionista pubblicitario).
Infatti, la Lega Nazionale Professionisti, al fine di procedere alla commercializzazione di alcuni diritti audiovisivi per le stagioni sportive 2008-2009 e 2009-2010, ha predisposto le linee guida relative alle procedure di assegnazione secondo i principi sanciti nel D.Lgs. 9/08 e ha raggiunto il proprio obiettivo di licenziare tutti i diritti nella propria disponibilità (ivi inclusi quei diritti che, come sopra evidenziato, sono in passato spesso rimasti interamente o parzialmente non licenziati, quali i diritti di trasmissione del Campionato di Serie B TIM e della TIM Cup47), per di più riuscendo ad implementare il numero degli operatori assegnatari di tali diritti.
In considerazione anche dei benefici che già tale prima applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 9/08 ha comportato, pare pertanto opportuno attendere che la normativa in esame dispieghi completamente i propri effetti, al fine di addivenire ad una valutazione complessiva della portata e delle novità introdotte dalla stessa per “garantire un assetto efficace nel complesso quadro relazionale che ha turbato, ultimamente, il quieto svolgersi delle manifestazioni calcistiche”48.
NOTE
1 Avvocato in Milano.
2 “Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale”, in Gazz. Uff. n. 171 del 25 luglio 2007.
3 Legge 19 luglio 2007, n.106, art. 1, comma 2: ”la delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi: a) riconoscimento del carattere sociale dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale.”
4 Cfr. Corte di Giustizia, sentenza dell’11 aprile 2000, cause riunite C 51/96 e C 191/97, Deliege contro Ligue francophone de judo et disciplines associees ASBL, Ligue belge de judo ASBL Union europeenne de judo de judo e Francois Pacquee.
5 Un ulteriore riferimento alla specificità dello sport è contenuto nell’art. III-282 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa del 29 ottobre 2004: “l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.”
6 Si possono al riguardo ricordare almeno alcuni degli scandali registrati nel mondo del calcio nel recente passato:
– nel 1998-1999 l’Empoli viene penalizzata di 2 punti per tentativo di corruzione in una gara contro la Sampdoria;
– nel 2004 il Modena subisce la penalizzazione di quattro punti da scontare nel campionato di Serie B 2004-2005;
– nel 2006, a seguito dello scandalo “Calciopoli”: la Juventus è stata retrocessa all’ultimo posto del campionato 2005-2006, con perdita di due scudetti e penalizzazione di 9 punti da scontare nel Campionato di Serie B 2006-2007, il Milan è stato penalizzato di 30 punti nella stagione 2005-2006 e di 8 punti in quella successiva, la Lazio è stata penalizzata di 30 punti nella stagione 2005-2006 e di 3 punti in quella successiva, la Fiorentina è stata penalizzata nella stagione 2005-2006 e di 15 punti in quella successiva, la Reggina è stata penalizzata di 11 punti nella stagione 2006-2007.
7 Legge 29 marzo 1999, n. 78, il cui art. 2, primo comma, abrogato a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 9/08, recitava: “(Disciplina per evitare posizioni dominanti nel mercato televisivo). – 1. Ciascuna società di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata. E’ fatto divieto a chiunque di acquisire, sotto qualsiasi forma e titolo, direttamente o indirettamente, anche attraverso soggetti controllati e collegati, più di sessanta per cento dei diritti di trasmissione in esclusiva in forma codificata di eventi sportivi del campionato di calcio di serie A o, comunque, del torneo o campionato di maggior valore che si svolge o viene organizzato in Italia. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinano la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni.”
8 Art. 3, comma 1del D.Lgs. 9/08: L’organizzatore della competizione e gli organizzatori degli eventi sono contitolari dei diritti audiovisivi relativi agli eventi della competizione medesima, salvo quanto previsto al comma 2”, il quale comma 2, prevede invece che la titolarità del diritto d’archivio relativo a ciascun evento della competizione è riconosciuta in esclusiva all’organizzatore dell’evento medesimo.
9 Con la conseguenza che “il creditore personale del comunista-debitore può fare espropriare la cosa nei limiti di tale quota, in quanto elemento del patrimonio individuale di questi.” D.F. DONATO, La con titolarità del marchio, Halley ed., 2007, pag 65.
10 D.F. DONATO, op. cit.
11 Cfr. F.PIRONTI, Aspetti privatistici e pubblicistici nelle partecipante agrarie emiliane, Giust. Civ. 2005, 04, p.151
12 Art. 2, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 9/08.
13 F.FERRARA, Le persone giuridiche, Torino 1956, p. 71 ss.
14 In merito, con riferimento al produttore di opere cinematografiche, si veda: Trib. Roma 1-2-1996, AIDA 1996, p. 421 e Trib. Roma 1-9-1980, IDA 1980, p. 462.
15 Art. 4, comma 1 del D.Lgs. 9/08: “L’esercizio dei diritti audiovisivi relativi ai singoli eventi della competizione spetta all’organizzatore della competizione medesima”. L’esercizio del diritto di archivio è invece attribuito, ai sensi del successivo comma 2, “all’organizzatore di ciascun evento, il quale consente, in condizione di reciprocità, alla società sportiva che partecipa all’evento in qualità di ospite di conservare nel proprio archivio e utilizzare economicamente lr immagini dell’evento medesimo.”
16 Art. 28 del D.Lgs. 9/08: “Al titolo II della legge 22 aprile 1941, n.633, dopo l’articolo 78-ter è inserito il seguente capo: CapoI-ter-Diritti audiovisivi sportivi-Art. 78-quater. Ai diritti diritti audiovisivi sportivi di cui alla legge 19 luglio 007, n.106, e relativi decreti legislativi attuativi si applicano le disposizioni della presente legge, in quanto compatibili.” Autorevole dottrina nega tutela quale opera dell’ingegno alle riprese televisive dello spettacolo sportivo, in quanto difetterebbero del requisito (ritenuto essenziale) del carattere creativo: “nel caso della ripresa di un intero spettacolo sportivo manca un’attività di raccolta e coordinamento delle fasi del gioco e di ricostruzione dell’avvenimento secondo scelte di regia che diano luogo ad una presentazione diversa da quella rappresentata secondo l’ordine cronologica di svolgimento della gara” (M.FABIANI, Protezione dell’emissione televisiva contro la registrazione di videocassette, Dir. Aut., 1979, 77). Il Requisito del carattere creativo comporta “che l’opera debba essere il risultato non di un qualunque lavoro intellettuale ma di un’attività qualificata di creazione intellettuale, per effetto della quale l’opera stessa avrà una sua originalità rispetto alle preesistenti opere, siano esse tutelate o meno. L’apporto di originalità deve peraltro essere individuato non nel concetto o nell’argomento dell’opera, ma nel modo in cui il concetto o l’argomento vengono espressi” (M.FABIANI, voce Autore (diritto di), I) Profili generali, in Enc. Giur., 1988, 2). Il diritto d’autore riconosce comunque tutela alla categoria delle “opere utili” (quali le opere di fotografia non creative e le banche dati).
17 AA. VV., Lineamenti di diritto sportivo, Giuffrè, 2008
18 Art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” Art. 42 Cost.: ”La proprietà è pubblica o privata.(…) La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.”
19 Vedi nota 16.
20 In particolare nella sentenza n. 54 del 14 giugno 1962 con la quale la corte, ha osservato che “non è dubbio che il principio della libera iniziativa economica privata sia nettamente riaffermato nel primo comma dell’art. 41, però con i limiti fissati dal secondo e terzo comma, in forza dei quali l’iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, e l’attività pubblica e privata può essere indirizzata e coordinata a fini sociali mercé programmi e controlli determinati dalla legge.”
21 Cfr. “Dichiarazione del Consiglio Europeo di Nizza del 10 dicembre 2000”.
22 Art. 81 del Trattato CE: “Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.
3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:
– a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,
– a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e
– a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate,
che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, ed evitando di
a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi;
b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.”
23 Art. 82 del Trattato CE: “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
a) nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d’acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
c) nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
d) nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
24 Sul punto, giova ricordare che la Commissione Europea ha stabilito (Decisione del 25 giugno 2002, n. 37806, ENIC/UEFA)che le società sportive sono soggetti portatori di interessi economici in forza del fatto che svolgono specifiche attività economiche (quali la vendita dei biglietti per le partite, la commercializzazione dei diritti audiovisivi, la stipulazione di accordi promo-pubblicitari, etc..) e che anche le associazioni di categoria che raggruppano le società sportive (quale è l’organizzatore della competizione) devono essere parimenti considerate soggetti che svolgono attività economiche, in quanto emanazione appunto di soggetti che sono attivi sul mercato ma anche in quanto svolgono esse stesse attività economiche, quale ad esempio lo sfruttamento commerciale di un evento sportivo.
25 Nel mercato in oggetto è possibile rinvenire tre livelli di soggetti: i (con)titolari dei diritti audiovisivi (organizzatore dell’evento e singole società sportive), i potenziali acquirenti di tali diritti (emittenti), i consumatori finali (ossia gli inserzionisti pubblicitari, nel caso di emittenti in chiaro, e degli utenti abbonati, nel caso di emittenti a pagamento).
26 Come peraltro confermato dalla Commissione Europea stessa, la quale nella citata decisione relativa alla UEFA Champions League affermava: “joint selling may be an efficient way to organise the selling of TV rights.”
27 Decisione del 23 luglio 2003, n. 37398, “Joint selling of the commercial rights of UEFA Champions League”, OJ 2003 L 291/25.
28 Decisione del 19 gennaio 2005, n. 37214, “Joint selling of the medial rights to the German Bundesliga”, OJ 2005 L 134/46.
29 Decisione del 22 marzo 2006, n. 38173, “Joint selling of the medial rights to the FA Premier League”.
30 Art. 8 commi 1,2 e 3 del D.Lgs. 9/08: “L’organizzatore della competizione è tenuto ad offrire i diritti audiovisivi mediante più procedure competitive, ai fini dell’esercizio degli stessi per singola piattaforma ovvero mettendo in concorrenza le diverse piattaforme, ovvero con entrambe le modalità” e “nell’ipotesi in cui vengano messe in concorrenza diverse piattaforme, l’organizzatore della competizione è tenuto a predisporre più pacchetti (..) tra loro equilibrati in modo da garantire la presenza, in ciascuno di essi, di eventi della competizione di elevato interesse per gli utenti”.
31 Art. 6, comma 1 del D.Lgs. 9/08: “L‘organizzatore della competizione è tenuto a predeterminare, in conformità ai principi e alle disposizioni del presente decreto, linee guida per la commercializzazione dei diritti audiovisivi recanti regole in materia di offerta e di assegnazione dei diritti audiovisivi medesimi, criteri in materia di formazione dei relativi pacchetti e le ulteriori regole previste dal presente decreto in modo da garantire ai partecipanti alle procedure competitive di cui all’articolo 7 condizioni di assoluta equità, trasparenza e non discriminazione.” Si segnala in proposito che le linee guida, ai sensi sempre dell’art. 6 del D.Lgs. 9/08, sono deliberate (a maggioranza qualificata per le prime tre votazioni e a maggioranza semplice dalla quarta votazione) dall’assemblea di categoria delle società partecipanti alla relativa competizione e dovranno essere approvate sia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia dall’Autorità garante della concorrenza del mercato che dovranno verificare la conformità delle stesse ai principi e alle disposizioni del D.lgs. 9/08.
32 Art. 10, comma 1 del D.Lgs. 9/08: “I contratti di licenza hanno una durata massima di tre anni”. Sul punto si segnala l’anomalia riguardante l’operatore SKY Italia, il quale è ancora sottoposto ai vincoli stabiliti nei Committments dalla Commissione europea in occasione della decisione assunta in materia di concentrazioni nel caso COMP/M.2876 – NewsCorp/Telepiù. Sulla base dei Committments, infatti, a SKY Italia non è concesso di stipulare accordi per la commercializzazione di diritti audiovisivi di durata superiore a due anni.
33 Art. 9, comma 4 del D.Lgs. 9/08: “E’fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette, fermi restando i divieti previsti in materia di formazione di posizioni dominanti”. Da evidenziare sul punto, la presenza nel decreto in esame di un’ ulteriore previsione (il cd. divieto di sub-licenza) finalizzata ad evitare il rischio che si vengano a creare abusi di posizione dominante anche con riferimento al mercato a valle. Infatti, l’art. 11, comma 6 stabilisce che “l‘operatore della comunicazione assegnatario dei diritti audiovisivi non può subconcedere in licenza a terzi, in tutto o in parte, tali diritti, né cedere, in tutto o in parte, i contratti di licenza, né concludere accordi aventi effetti analoghi” salvo deroghe concesse dall’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato su richiesta dell’organizzatore della competizione.
34 Art. 11, comma 3 del D.Lgs. 9/08: “Le linee guida di cui all’articolo 6 disciplinano le modalità di commercializzazione dei diritti audiovisivi rimasti invenduti in modo da consentire anche all’organizzatore dell’evento di commercializzarli o di esercitarli direttamente attraverso il proprio canale tematico ufficiale, relativamente ai soli eventi ai quali la propria squadra partecipa”.
35 Oltre a quanto sopra evidenziato, e sempre al fine di garantire il più ampio livello di concorrenza possibile del mercato, il Legislatore italiano ha inoltre previsto delle forme di tutela a favore delle cd. “piattaforme emergenti” in relazione alla commercializzazione dei diritti “new media”, che verranno offerti in forma non esclusiva e per singola piattaforma, allo scopo di evitare la consolidazione o la creazione di posizioni dominanti nel mercato in oggetto.
36 Art. 21, comma 1 del D.Lgs 9/08: “Le risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti, di cui all’art. 3 comma 1, sono ripartite, previa deduzione delle quote di cui agli articoli 22 e 24, tra tutti i soggetti partecipanti alla relativa competizione, secondo i criteri indicati agli articoli 25 e 26.” .Per quanto invece concerne le risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione (individuale) dei diritti audiovisivi di natura secondaria, queste spettano ai singoli organizzatori degli eventi. (art. 21, comma 2)
37 Art. 22, comma 1 del D.Lgs 9/08: “Mutualià generale – 1. L’organizzatore delle competizione destina una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione
dei diritti di cui all’articolo 3, comma 1 allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche. 2. La quota di cui al comma 1 non può essere inferiore al quattro per cento delle risorse complessive derivanti dalla commercializzazione dei diritti di cui all’articolo 3, comma 1.”
Art. 24, comma 1 del D.Lgs 9/08: “Mutualità per le categorie inferiori – 1. L’organizzatore del campionato di calcio di serie A, per valorizzare e incentivare l’attività delle categorie professionistiche di calcio inferiori, destina una quota annua non
inferiore al sei per cento del totale delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi del campionato di serie A, alle società sportive delle categorie professionistiche inferiori.”
38 Consiglio di Stato, sez. V, 14 luglio 1978 n. 880, in Dir. e giur. 1978, I, 1150
39 Sempre in relazione alla compatibilità di provvedimenti normativi con l’art. 41 Cost., si segnala anche una recente pronuncia della Corte costituzionale che, nella sentenza del 14 maggio 2008, n. 139, ha affermato che “una disposizione di legge non è irragionevole se, proponendosi una determinata finalità, disponga strumenti che ne garantiscono soltanto un raggiungimento parziale”.
40 Art. 25 del D.Lgs. 9/08: “1. La ripartizione delle risorse fra i soggetti partecipanti a ciascuna competizione è effettuata in modo da garantire l’attribuzione in parti uguali di una quota prevalente, nonché l’attribuzione delle restanti quote anche in base al bacino di utenza e ai risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi. 2. La quota delle risorse da distribuire in parti uguali fra tutti i partecipanti a ciascuna competizione non può essere comunque inferiore al 40 per cento.
3. La quota determinata sulla base del risultato sportivo non può essere inferiore alla quota determinata sulla base del bacino d’utenza. 4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 26, i criteri di ripartizione delle risorse fra i soggetti partecipanti alla competizione sono determinati con deliberazione adottata dall’assemblea di categoria dell’organizzatore della competizione medesima con la maggioranza qualificata dei tre quarti degli aventi diritto al voto.”
41 Art. 26 del D.Lgs. 9/08: “Prima ripartizione delle risorse del Campionato di calcio di serie A – 1. In sede di prima applicazione del presente decreto e tenuto conto delle regole determinate dall’organizzatore dei campionati di calcio di serie A e B, la ripartizione delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A, dedotte le quote di mutualità di cui agli articoli 22 e 24, è effettuata, a partire dalla stagione sportiva 2010-2011, con le seguenti modalità: una quota del 40 per cento in parti uguali tra tutti i soggetti partecipanti al campionato di serie A, una quota del 30 per cento sulla base dei risultati sportivi conseguiti e una quota del 30 per cento secondo il bacino di utenza. 2. La quota relativa al risultato sportivo, come individuata ai sensi del comma 1, è determinata nella misura del 10 per cento sulla base dei risultati conseguiti da ciascuno dei partecipanti alla competizione a partire della stagione sportiva 1946/1947, nella misura del 15 per cento sulla base dei risultati conseguiti nelle ultime cinque stagioni sportive e nella misura del 5 per cento sulla base del risultato conseguito nell’ultima competizione sportiva. 3. La quota relativa al bacino di utenza, come individuata ai sensi del comma 1, è determinata nella misura del 25 per cento sulla base del numero di sostenitori di ciascuno dei partecipanti alla competizione, così come individuati da una o più società di indagini demoscopiche incaricate dall’organizzatore del campionato di calcio di serie A secondo i criteri dallo stesso fissati, e nella misura del 5 per cento sulla base della popolazione del comune di riferimento della squadra.”
42 Come recentemente rilevato da E.CUSA nel suo intervento “La fondazione mutualità e sport”, (tenuto durante il XVII incontro di diritto industriale “Proprietà intellettuale e televisioni – La direttiva sui servizi di media audiovisivi, il d.lgs sul calcio e la direttiva sulle pratiche commerciali sleali”, Pavia, 26-27 settembre 2008). L’autore ha infatti sottolineato come i beneficiari di tale solidarietà siano sia le attività sportive “minori” sia le società sportive meno “ricche”, in quanto in grado di garantire, da un lato, una crescita armonica dell’intero fenomeno sportivo sotto l’egida del CONI e, dall’altro lato, una effettiva competizione sportiva tra il maggior numero di squadre partecipanti ad un medesimo campionato, mantenendo così elevato l’interesse degli spettatori e facendo, conseguentemente, aumentare le risorse derivanti dalla commercializzazione dei relativi diritti audiovisivi. L’autore ha infine affermato che tale doverosa ripartizione solidale delle risorse, risponde pertanto ad interessi generali (quali, ad esempio, la crescita delle imprese sportive o la salvaguardia della competizione sportiva), ed consentendo inoltre di ostacolare la naturale predisposizione dei club più importanti a diventare di fatto oligopolisti.
43 Come evidenziato da parte della dottrina durante il recente XVII incontro di diritto industriale “Proprietà intellettuale e televisioni (La direttiva sui servizi di media audiovisivi, il dlgs sul calcio e la direttiva sulle pratiche commerciali sleali)”, Pavia, 26-27 settembre 2008.
44 Durante tale stagione, l’emittente Sportitalia ha trasmesso due partite (anticipi e posticipi) per ciascuna delle prime 38 giornate, i playoff ed i playout, per un totale di 84 incontri stagionali, mentre la Rai, attraverso il canale digitale Rai Sport Satellite, trasmette una selezione delle rimanenti gare, alcune in diretta ed altre in differita.
45 Nella stagione sportiva 2006/2007 il campionato di serie B è stato integralmente trasmesso a pagamento su Sky, ma solo ed esclusivamente in forza della contemporanea presenza, inedita fino a quell’anno, di squadre blasonate quali Juventus, Genoa e Napoli.
46 Nella stagione 2006/2007 e 2007/2008, le negoziazioni tra licenziante e licenziatari si protrasse addirittura più del solito, non consentendo che venissero trasmessi nè i tre turni preliminari né l’andata degli ottavi di finale.
47 In merito a tale prima parziale applicazione del D.lgs. 9-2008, è intervenuta l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato inviando in data 13 settembre 2008 una segnalazione al Governo ai sensi dell’art. 21 della legge 287-1990, in cui lamentava che successivamente all’approvazione delle Linee Guida, la Lega Nazionale Professionisti avrebbe invece utilizzato modalità di commercializzazione non pienamente conformi a quelle appunto previste nelle Linee Guida. Linee Guida che, secondo quanto indicato dall’ l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, prevedevano che “qualora all’esito della complessiva procedura così esperita, la Lega Calcio non pervenga comunque all’assegnazione dei diritti, dovranno trovare applicazione le previsioni delle linee guida relative alla commercializzazione dei diritti rimasti invenduti, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del Decreto Legislativo n. 9/2008, vale a dire l’immediata attribuzione ai singoli club della facoltà di commercializzare individualmente”. Al contrario, oltre al fatto che la lettera del citato articolo non corrisponde a quella riportata dall’Autorità, è sufficiente leggere attentamente la norma per ritenere infondata la posizione dell’Autorità. Infatti, la norma in esame prevede, quale unico effetto in caso di mancata commercializzazione in forma centralizzata dei diritti, che il regime di “esclusiva” connesso a tale sistema di vendita si modifichi in regime di “non-esclusiva”: pertanto, la società sportiva ha la facoltà (non l’obbligo) di commercializzare individualmente i diritti relativi ai singoli eventi da questa organizzati. In sostanza, contrariamente a quanto vorrebbe fare intendere l’Autorità, l’oggetto dell’art. 11, comma 3 del D.lgs. 9/08 riguarda meramente le modalità di esercizio del diritto audiovisivo sportivo, e non la titolarità. D’altra parte, se così non fosse, si creerebbe un contrasto, oltre che con i principi del decreto medesimo (fondato sulla contitolarità), sia con quelli della Legge Delega 106-2007.
48 J.FIGUS DIAZ e V.FORTI, “La disciplina antitrust della nuova legislazione sui diritti di trasmissione: quid novi sub sole?”, in Riv. Dir, ed Econ, dello Sport, 2008, Vol. IV, Fasc. 2.